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Chi siamo e perché abbiamo scritto un contro-questionario.

Il valore legale del titolo di studio è un argomento complesso di cui da tempo si discute nel nostro paese. Recentemente il tema è tornato di attualità a seguito di un appello in favore della sua abolizione promosso da alcuni docenti e politici italiani e per il tentativo da parte del governo Berlusconi e di quello presieduto da Monti di abolirlo.

L’attuale governo aveva provato a far passare una norma che aboliva il valore legale all’interno del cosiddetto “pacchetto semplificazioni”, ma in seguito alle numerose proteste provenienti dal mondo accademico e alle contestazioni studentesche che questa idea aveva generato il governo ha ritirato la proposta, rilanciando con una consultazione popolare sul tema per uscire dall’impasse.

Il premier Monti il 27 gennaio 2012 ha quindi annunciato di voler sottoporre a consultazione pubblica il tema del valore legale del titolo di studio, per questo il MIUR ha elaborato un questionario, aperto a tutti i cittadini, per richiedere le loro opinioni in merito sulla questione.

Noi siamo contrari all’abolizione del valore legale del titolo di studio, crediamo infatti che non possa essere visto come un privilegio o un ostacolo alla valutazione delle reali capacità di una persona, ma anzi intendiamo sottolineare come esso serva a far partire tutti dallo stesso punto di partenza senza avvantaggiare nessuno.

Nel settore privato si accede al mercato del lavoro sulla base della valutazione dell’imprenditore. I liberi professionisti sono abilitati da esami di stato, valutazioni nuove e indipendenti dal voto di laurea.

Per le professioni senza ordini, il valore della laurea costituisce una garanzia minima per i cittadini sulle competenze del professionista.

Riteniamo poi importante evidenziare come per quanto concerne invece il settore pubblico, le  amministrazioni non siano obbligate dalla legge ad assumere laureati secondo il voto di laurea. Nella realtà, il valore legale assolve una semplice funzione di requisito soglia per l’accesso ai concorsi pubblici e di eliminazione delle asimmetrie informative nell’utilizzazione della laurea nel mercato del lavoro.

L’abolizione del valore legale del titolo di studio porterebbe ad un impoverimento dei meccanismi di selezione e assunzione all’interno della pubblica amministrazione e eliminerebbe per gli studenti e per i cittadini ogni garanzia derivante dalla certificazione da parte delle università, sottoposte a rigidi criteri ministeriali, della qualità di un percorso di studi. Si rischierebbe così il fiorire di lauree finte e senza certificazioni per l’accesso a determinate professioni, e non si potrebbe avere nessuna garanzia di controllo.

Inoltre l’abolizione del valore legale del titolo di studio avallerebbe ed aumenterebbe il divario già esistente tra gli atenei, differenziandoli tra università di serie A e di serie B: alcuni atenei costosissimi e accessibili a pochi e altri con una formazione di bassa qualità, amplificando notevolmente le disuguaglianze sociali.

Non è un caso che chi oggi in Italia propone questo modello proponga anche la liberalizzazione delle rette universitarie (già tra le più alte d’Europa) e la diffusione su ampia scala del ricorso ai prestiti d’onore. È evidente come queste misure facciano parte dello stesso disegno verso la creazione di un’università per pochi, con forti barriere economiche all’accesso che costringerebbero gli studenti a indebitarsi a vita per pagare delle rette altissime.

Appena abbiamo letto le domande del questionario del MIUR, abbiamo compreso come quella consultazione fosse una “truffa” costruita ai danni dei cittadini. Le domande sono infatti complesse e difficili, mirano a far cadere in contraddizione chi vi risponde e in molti casi indirizzano le risposte verso un’unica direzione che mira ad ottenere per il governo un vasto consenso attorno alla cancellazione del valore legale del titolo di studio.

Inoltre per alcune domande risulta impossibile esprimere un parere contrario alla differenziazione del valore dei titoli di studio, in quanto non è prevista dalla domanda stessa una risposta negativa.

Più che un sondaggio abbiamo ritenuto si trattasse di un plebiscito in favore della posizione del governo.

In assemblea a Bologna, dove ci siamo riuniti il 23-24 marzo per ribadire la nostra volontà di lottare per l’università, abbiamo quindi deciso di redigere un contro-questionario che fosse uno strumento di reale partecipazione democratica.

Le domande che trovate qui di seguito provano ad essere utili a definire i reali problemi dell’università e a cercare degli spunti e delle soluzioni per migliorare il mondo della formazione nel nostro paese.

Crediamo che la valutazione del sistema universitario, costruita in base a criteri scientifici, possa essere un utile strumento volto al miglioramento delle università e in grado di aumentarne la qualità dell’offerta formativa e della ricerca; riteniamo sia sbagliata una valutazione punitiva, come quella svolta fino ad oggi dal ministero, che non aiuta ad individuare le mancanze degli atenei ma mira solamente a diminuire gli stanziamenti economici peggiorando la loro situazione.

Abbiamo intenzione di organizzare banchetti e assemblee nelle scuole, nelle università e nelle città per discutere con le persone e per sottoporre loro il nostro questionario che riteniamo più trasparente ed utile di quello del MIUR. Raccoglieremo le risposte e il 24 aprile 2012, alla chiusura della consultazione per il questionario “truffa” del ministero porteremo tutti i contro-questionari compilati al MIUR per pretendere che le opinioni che abbiamo raccolto in questo mese siano ascoltate!

 

Assemblea per l’università bene comune

Convenzione per una scuola bene comune

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