Cari candidati alla carica di Presidente della Regione Sardegna,
siamo un gruppo di studenti delle scuole superiori e universitari, facciamo parte delle rispettive associazioni di rappresentanza studentesca Eureka e UniCa 2.0. In occasione della campagna elettorale e del rinnovo delle cariche, a nostro avviso è importante capire quali sono le vostre linee programmatiche in merito all’istruzione pubblica nella nostra regione e per i giovani sardi.
Siamo ben consapevoli delle conseguenze devastanti che in questi ultimi anni la crisi ha prodotto nella società; è un dato di fatto che uno degli effetti della crisi, cui ha sicuramente contribuito la risposta che si è voluta dare ad essa attraverso l’applicazione dei diktat europei di austerità, sia stata la progressiva distruzione di scuola e università pubbliche, sia dal punto di vista finanziario che culturale, sia a livello nazionale che locale.
La nostra Regione non si è certo distinta dalle altre per volontà di riqualificare l’istruzione in un momento così critico, ce ne si accorge analizzando la realtà dei fatti: i numeri ci dicono che la percentuale di abbandono scolastico è superiore alla media nazionale, diminuisce costantemente il numero di immatricolati all’università in rapporto al numero di diplomati; l’istruzione non viene più percepita come un ascensore sociale come avveniva in passato. E mentre i figli di disoccupati, precari e lavoratori dal magro stipendio non possono permettersi l’università, coloro che possono permetterselo preferiscono fare esperienze fuori dalla nostra isola, piuttosto che iscriversi nei nostri atenei.
Non vi è stata alcuna volontà di investire nel campo dell’ istruzione per uscire dalla crisi, a differenza di tutti gli altri Stati europei. Chi doveva decidere, ha deciso nell’immediato; ha impoverito un’intera generazione di quella formazione oggi più che mai necessaria, anche e soprattutto per il futuro per far emergere il paese e la regione dalla stagnazione in cui si trova attualmente. Noi studenti siamo stati lasciati soli a difendere il nostro futuro, a lottare contro chi avrebbe dovuto farsi garante dei nostri diritti e invece finanziava scuole private, disinteressandosi dell’istruzione pubblica. Abbiamo affrontato da soli una lotta per l’università per ribadire che essa non è un costo, ma un investimento per il futuro.
Siamo dunque ben consapevoli del ruolo che l’istruzione pubblica, a tutti i livelli, può ricoprire nel territorio. L’istruzione deve essere considerata come una risorsa, come una possibilità. Se si vuole che il territorio sardo continui a vivere, se si vuole che i migliori talenti della nostra isola possano formarsi nell’isola e nell’isola spendere le loro competenze, si devono assumere dei provvedimenti che garantiscano e incentivino questa possibilità.
Ma se l’istruzione sarda non risulta attrattiva nemmeno per gli stessi sardi, come pensiamo che le nostre università possano essere una meta ambita da studenti stranieri? E’ (dovrebbe esserlo sempre) tempo di prendere decisioni che valorizzino il sistema dell’istruzione sarda.
Vogliamo che con questo documento nasca, nell’elettorato così come tra chi si candida, una discussione seria per capire quale sarà il futuro della nostra generazione nei prossimi 5 anni, quali sono i progetti politici che voi avete in mente e come intendete portarli avanti.
Vogliamo che l’istruzione sia la vostra priorità d’investimento politico ed economico, punto cardine della prossima amministrazione regionale.
Noi abbiamo le idee ben chiare su come migliorare l’università ma adesso è il momento di dire la vostra chiaramente, senza slogan e senza farci credere che ciò che serve sono solo soldi: ci vuole la volontà politica e un progetto serio che rimetta le università sarde al centro dello sviluppo economico e culturale della nostra isola!
– Quest’anno all’Università di Cagliari gli idonei non beneficiari di borsa di studio sono arrivati al 49%; ma il dato più allarmante risulta essere quello delle matricole, in cui i non beneficiari raggiungono la soglia del 67%. E’ drammatico evincere da questo dato come si impedisca agli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi l’ accesso all’università. Il fitto casa viene definanziato di anno in anno; in parallelo a questa diminuzione dei finanziamenti erogati dalla Regione Sardegna all’ERSU, sono aumentati i fondi che la stessa Regione dispensa agli studenti sardi che studiano fuori dall’isola. Questo crea una evidente contraddizione, cioè che la Regione preferisce sostenere una categoria di studenti, quelli che vanno, rispetto alla categoria degli studenti che restano.
Quale vuole essere la vostra linea rispetto a questa tendenza?
– La legge regionale sul diritto allo studio è ormai datata 1987 e non è sicuramente adatta alla situazione attuale: come intendete modificarla?
– Le politiche nazionali in materia di Università, tramite criteri di valutazione e finanziamenti, ormai puntano non a migliorare l’effettivo stato di tutti gli Atenei ma a potenziare quelli già forti a scapito di quelli più deboli, in particolare del sud, in modo che in tutto il territorio ce ne siano pochi ma d’elite: qual è la vostra posizione rispetto al possibile accorpamento dell’Università di Cagliari e dell’Università di Sassari? Qual è la vostra posizione rispetto al decentramento di alcuni corsi a Oristano e Nuoro?
– Gli studenti fuori sede a Cagliari sono circa 15000, non si costruisce una casa dello studente da più di 20 anni e i lavori per la costruzione del campus procedono lentamente: quali soluzione attuereste per fronteggiare l’emergenza in merito alla residenzialità studentesca nella nostra Regione? Basterà la costruzione del nuovo Campus?
– Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un lento ma incessante smantellamento della formazione specialistica post-laurea di area medica. Infatti, oltre al sempre minor numero di posti nelle scuole di specializzazione, che condannano molti neolaureati di area medica al precariato, la Regione non ha saputo calibrare il fabbisogno di medici e infermieri negli ospedali isolani, facendo sì che numerose figure professionali nella nostra isola si formassero nella nostra isola e andassero a imparare, rafforzare e rimpolpare i sistemi nazionali degli altri paesi europei. Inoltre la Regione non ha saputo porsi come regista nell’operazione di estensione dell’offerta formativa dei corsi di laurea di area medica a tutte le strutture ospedaliere della Regione, limitando apprendimento e didattica alle poche aziende ospedaliero-universitarie, che presentano limiti strutturali per poter garantire agli studenti un’adeguata formazione. Come avete intenzione di intervenire?
– La nostra Regione detiene un primato poco invidiabile: è quello che emerge guardando i dati che parlano dell’abbandono scolastico. Un fenomeno che in Sardegna tocca il picco del 25,8%. Basta riflettere sul significato effettivo di questo fenomeno e sulla preoccupante altezza del valore percentuale per capire che c’è (più di) qualcosa che non va. Crediamo che sia necessario un nuovo sistema di incentivi allo studio, e siamo dell’idea che questo vada accompagnato da una serie di interventi mirati a risolvere i vari e molteplici problemi che contribuiscono ad ampliare il fenomeno dell’abbandono scolastico. Quali sono gli interventi che attuereste e che ritenete più efficaci?
– La situazione dell’edilizia scolastica è sintetizzabile in una parola: disastro. Un disastro proprio come quanto accaduto recentemente al Liceo Dettori, che è l’esempio più evidente tra tutti quelli che potremmo elencare. La maggior parte degli edifici scolastici è stata costruita tra il 1961 ed il 1980, la Sardegna registra il triste record di regione che conta la minor percentuale di scuole in possesso del documento di valutazione rischi (solo l’84,6%), solo il 4,6% delle scuole sarde possiedono il CPI (Certificato di Prevenzione Incendi, anche in questo caso ultimo posto in Italia), per quanto riguarda la conformità degli impianti elettrici si registra un misero 40,7%, e solo il 47,9% delle scuole è in possesso di una scala esterna. Questi dati rendono ancora più allarmante una situazione che, per venire posta in rilievo, ha dovuto aspettare il crollo del tetto in una classe. Come nel caso dell’alluvione sono necessarie delle stragi prima di renderci conto della necessità di interventi mirati e tempestivi? Quali sono le vostre intenzioni rispetto a questo problema?
– La questione trasporti è uno di quei temi che si inserisce nella sfera della quotidianità della vita studentesca e che a oggi purtroppo spesso influisce negativamente: non è un problema isolato, ma produce delle esternalità che vanno poi ad intaccare altri ambiti, contribuendo ad esempio all’aumento dell’abbandono scolastico. Sia il trasporto urbano col CTM che quello extraurbano con l’ARST sono scadenti ma costano troppo: molti studenti impiegano ore a tornare al proprio paese dopo la scuola, le frequenze sono molto limitate soprattutto nelle zone lontane dai capoluoghi, a Cagliari l’abbonamento CTM per gli studenti non vale a luglio e agosto e non esistono linee notturne oltre le 22. Visto che le tariffe, i chilometraggi, i costi e i dettagli sugli abbonamenti sono stabiliti dalla Regione, come avete intenzione di porvi rispetto alla questione?
Auspichiamo che questo documento possa realizzare ciò che ci siamo proposti e possa servire da spunto di riflessione e discussione, in modo che non solo le nostre rivendicazioni vengano ascoltate ma soprattutto che chiunque diventi Presidente della Regione ci coinvolga durante i momenti di discussione affinchè le decisioni vengano prese anche con chi la scuola e l’università le vive tutti i giorni e ne conosce limiti, virtù, potenzialità e criticità.
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