In Italia la carenza strutturale di investimenti sul diritto allo studio insieme all’aumento esponenziale dei corsi a numero chiuso (a volte con scelte illegittime, come recentemente a L’Aquila) impediscono il libero accesso all’Università.
Il diritto allo studio in Italia è tra i più carenti dei paesi OCSE (in Italia si investono circa 200 milioni rispetto ai 2 miliardi di Francia e Germania).
Anche in considerazione dell’imbarazzante rapporto dei laureati del nostro Paese rispetto al resto d’Europa (15% sul totale della popolazione contro il 31% OCSE e il 28% dell’UE) e a fronte del costante calo degli iscritti (circa 50.000 in meno negli ultimi anni), le Organizzazioni universitarie hanno sempre ritenuto che sia imprescindibile l’abolizione del numero chiuso per tutti i corsi di laurea, che sia necessario l’avvio di efficaci sistemi di orientamento e tutorato e che si debba immediatamente abbandonare il sistema dei test d’ingresso, una lotteria che ha fatto dipendere il futuro di tanti giovani da prove inaffidabili, le cui regole peraltro sono cambiate continuamente. Un’inutile violenza contro migliaia di ragazzi e le loro famiglie.

In questo contesto, l’intenzione più volte espressa dall’attuale Ministro di modificare radicalmente le modalità di accesso ai corsi di laurea potrebbe diventare l’occasione per una riflessione complessiva sul tema del numero chiuso, anche a partire dalla valutazione degli strumenti finora impiegati per realizzarlo.
Come è noto, il Ministro ha annunciato di volere sostituire i fallimentari meccanismi finora applicati in Italia con quello adoperato in Francia per Medicina.
Si tratterebbe, certamente, di un enorme cambiamento – anche se comunque all’interno della logica della programmazione degli accessi – che non può essere improvvisato, ma deve necessariamente essere accompagnato da interventi complessivi e da un’attenta valutazione delle implicazioni del passaggio dai test ad un sistema di valutazione in itinere.
Alla luce di queste intenzioni, le Organizzazioni universitarie chiedono l’apertura immediata di un reale e ampio confronto, anche per rispondere ad alcuni importanti interrogativi che la proposta del Ministro pone.

Va nel frattempo ribadito che la problematica del numero chiuso è soltanto la “punta dell’iceberg” della crisi generale dell’Università italiana, il cui ruolo si sta ‘programmaticamente’ riducendo tagliando le risorse, con l’obiettivo di ridurre l’offerta formativa e di concentrare i fondi in pochi Atenei frequentati da una élite di studenti selezionati prevalentemente sulla base del reddito.

Alcuni sostengono che l’eliminazione del numero chiuso e la conseguente apertura dei corsi di laurea aumenterebbe in alcuni di essi il numero delle immatricolazioni in una misura ‘ingestibile’ (insufficienza di spazi, di docenti, di strutture, ecc.). Tale preoccupazione – di fatto – spesso si fonda sull’accettazione dello stato attuale e del suo ‘naturale’ peggioramento, mentre al contrario il principale e più urgente obiettivo dovrebbe essere quello di fare abbandonare all’Italia l’ultimo posto nella classifica europea dei laureati, puntando su ricerca, innovazione e cultura per un’uscita celere dalla crisi economica e sociale attuale, così come stanno facendo tutti gli altri Paesi europei. Per questo occorre aumentare in grande misura i finanziamenti per una Università che va resa più efficiente, democratica e aperta a tutti, assicurando a ogni docente libertà di ricerca e di insegnamento.

In questa direzione non ci si può dimenticare che l’Italia risulta quartultima nelle classifiche OCSE nel rapporto docenti/studenti, pur conteggiando i ricercatori che, al di fuori delle propri obblighi, continuano a consentire – in maniera determinante e senza alcun riconoscimento – di mantenere l’offerta didattica. Per questo va immediatamente previsto lo sblocco totale del turn over e va aumentato il numero dei docenti, eliminando il precariato e prevedendo un unico ruolo della docenza nel quale inserire gli attuali ricercatori e professori.

Si ribadisce che qualsiasi cambiamento ipotizzabile sul numero chiuso non possa che passare attraverso un serrato confronto con le Organizzazioni universitarie e della scuola, coinvolgendo soprattutto i rappresentanti delle studentesse e degli studenti. Finora questo non è avvenuto e il Ministero ha operato ascoltando esclusivamente i potentati accademici, con risultati devastanti per i giovani e le loro famiglie.
E’ importante che questo confronto coinvolga l’intero Governo e in particolare il Presidente del Consiglio dei Ministri perché è in gioco il futuro di migliaia di giovani, futuro che non può dipendere da incomprensioni o contrasti tra diversi Ministeri.

Le Associazioni

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