Tra il 2003 e il 2012, come da sondaggio del CUN presentato oggi, il tasso di iscrizione all’università è diminuito del 20%: un dato preoccupante considerato che in un momento di crisi la formazione dovrebbe essere motore propulsivo del Paese e non il contrario.
Il fatto che l’istruzione sia mezzo di crescita del Paese lo dimostra lo stesso sondaggio il quale afferma che chi frequenta l’università ha più possibilità lavorative: il mito per cui la laurea non serve a niente è evidentemente falso.
Gianluca Scuccimarra Coordinatore dell’Unione degli Universitari dichiara “Le classifiche, che condizionano gli studenti nel proprio orientamento al percorso universitario, sono basate su criteri discutibili, come certifica l’indagine pubblicata oggi dal CUN, i ragazzi non hanno mezzi idonei per compiere una scelta universitaria oculata. Probabilmente anziché produrre indagini e classifiche basate su criteri discutibili e poco veritieri, si dovrebbe ricominciare ad investire su scuola e università affinché non vi siano più atenei di seria A e atenei di serie B.”
Dichiara Alberto Irone,portavoce Rete StudentiMedi: “I dati pubblicati dalla ricerca sull’abbandono universitario sono allarmanti. L’Italia è uno dei fanalini di coda in Europa per numero di laureati e questi dati confermano questa tendenza. Il fatto che il 22% degli immatricolati lasci il percorso di studi prima della fine del primo anno dimostra, tuttavia, che il problema non sia imputabile solamente alle università ma anche all’orientamento che viene fatto nelle scuole. Attualmente i progetti di orientamento sono del tutto inesistenti, e vengono svolti quasi esclusivamente dall’organizzazione universitarie o studentesche presenti a livello locale, senza che vi sia una seria programmazione anche a livello nazionale, in modo da rendere omogenea l’offerta di orientamento. Siamo seriamente convinti che il percorso di orientamento vada rafforzato, e vada inoltre iniziato prima del quinto anno, così da aiutare lo studente e scegliere il proprio percorso formativo con maggiore attenzione, considerando anche il fatto che all’ultimo anno è quasi del tutto incentrato sulla preoccupazione degli esami di maturità”.
Conclude Scuccimarra “In base ai dati istat la quota di coloro che rinunciano agli studi a un anno dal diploma raggiunge il 32% dei diplomati e il 40% dei diplomati professionali. Nel complesso i contratti a tempo indeterminato e le attività autonome riguardano il 9%, dato decisamente basso rispetto a quello riguardante i contratti a tempo e a chiamata che varia tra il 25% e il 32%, o a quello del lavoro in nero che arriva al 39% con picchi al 49%.
L’indagine proposta oggi dal CUN evidenzia alcune delle principali criticità di scuola e università: l’orientamento, il ruolo dell’istruzione universitaria, i collegamenti con il mondo del lavoro. Fino a quando le politiche non avranno lo scopo di mettere a contatto diversi mondi, da quello formativo a quello lavorativo, partendo da investimenti veri e sistematici, i dati presentati oggi saranno sestinati solo a peggiorare.
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