Ieri la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha bocciato la scuola italiana, almeno per quanto riguarda il precariato: stop al sistema di supplenze continuo ed ingiustificato nella scuola, così recita la sentenza.
La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato è contraria al diritto dell’Unione. Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti, durevoli delle scuole statali non è giustificato”.
Ora il Governo dovrà trovare i fondi per stabilizzare i precari in breve tempo: basta slogan, servono i fatti, ce lo dice anche l’Europa.
Alberto Irone Portavoce della Rete degli studenti medi dichiara “Il fatto che anche l’Europa ci dica che le nostre leggi fatte ad hoc per rendere il lavoro di migliaia di persone precario sono contro le direttive Europee è sintomo di un Paese che non è in grado di far fronte alle reali necessità del mondo dell’istruzione. La precarietà degli insegnanti, il sistema delle supplenze, non solo rende precaria la vita e il lavoro di migliaia di persone ma anche l’istruzione di migliaia di studentesse e studenti che ogni anno si ritrovano a dover rapportarsi con nuovi metodi d’insegnamento e studio ripartendo di fatto da zero. Sicuramente la multidisciplinarietà e il raffronto con vari metodi di studio sono importanti, certo però non devono essere dati da leggi che favoriscono la precarietà di tutti.”
Gianluca Scuccimarra Coordinatore dell’Unione degli universitari conclude “La sentenza della Corte Europea è esplicativa di come l’Italia, ancora una volta, non faccia fronte e non sia in grado veramente, al di là degli slogan, di risolvere la situazione disastrosa in cui versa il mondo dell’istruzione a partire dalla precarietà di migliaia di insegnanti. Il mondo dell’istruzione è lo specchio dell’Italia a partire dal problema della precarietà che, come dice l’Europa, è necessario risolvere in quanto contrario ad ogni direttiva. Ora gli slogan fini a sé stessi non bastano più: è ora di cambiare veramente, costruendo un futuro diverso in direzione diritti che parta dal lavoro e dall’istruzione, anche l’Europa ce lo chiede.”
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