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Le disuguaglianze sociali dall’inizio della crisi ad oggi sono aumentate esponenzialmente, concentrando enormi quantità di ricchezza nelle mani di un numero limitato di individui e contemporaneamente impoverendo milioni di persone. Le istituzioni pubbliche, trovandosi in situazione di deficit di bilancio, hanno deciso di tagliare la spesa, scaricando il costo di questa manovra sullo stato sociale: dalla sanità al diritto allo studio, passando per le pensioni e gli incentivi ai giovani lavoratori, sono stati cancellati servizi e diritti.

Risulta evidente che ci troviamo di fronte ad un paese che tutto sta facendo tranne che avanzare verso l’equità sociale. Una quota sempre maggiore della popolazione, soprattutto nelle periferie delle grandi aree metropolitane e nelle regioni del Sud del Paese, è relegata ai margini della società e non riesce a godere di un’effettiva uguaglianza sostanziale.

Negli ultimi anni il mondo dell’istruzione è stato lo specchio di quanto stesse accadendo a tutto il welfare italiano: dal 2008 ad oggi alle scuole e alle università sono stati sottratti miliardi di euro, con l’intento preciso di svuotare i luoghi d’istruzione della capacità di essere ascensore sociale e luogo d’incontro e promozione della cultura. Se da un lato la dispersione scolastica ha raggiunto cifre altissime, dall’altra il numero di studenti iscritti all’università, e conseguentemente il numero di laureati, si è drasticamente ridotto.

Per il nostro paese una situazione del genere non è chiaramente più sostenibile: invece di giustificare l’umiliazione del proprio sistema d’istruzione con la scusa del pareggio di bilancio, o attraverso l’utilizzo strumentale e distorto di merito e valutazione, dovrebbe piuttosto interrogarsi sui costi sia sociali che economici che comportano queste disuguaglianze. Il nostro paese dovrebbe finalmente mettere in atto delle politiche che vadano a garantire una vera uguaglianza sostanziale, anziché esaltare la strumentale necessità di razionalizzare le spese destinate al sociale, cercando di imporre una concezione sempre più esclusiva dei diritti.

Il Governo, presentando la legge di stabilità, ha inserito le misure relative a scuola ed università nel capitolo “Italia Orgogliosa”. Purtroppo c’è ben poco di cui andare orgogliosi: le misure presenti rappresentano solo slogan e non risolvono affatto i tanti problemi strutturali del sistema di istruzione italiano.

Investire sul diritto allo studio e sul reale accesso ai percorsi formativi è, ad oggi, una priorità assoluta per il nostro paese: l’unico modo per abbattere le disuguaglianze e rimettere in moto economicamente un paese che può sollevarsi dalla crisi solo investendo in innovazione e ricerca, non cancellando welfare e diritti come invece è successo nel corso degli ultimi anni.

 
+ TASSE e + STUDENTI SENZA BORSA: UN’UNIVERSITA’ CHE SBATTE FUORI GLI STUDENTI

La presentazione della legge di stabilità vede confermati i timori degli studenti: una manovra ricca di spot, che non interviene sui problemi strutturali dell’università. Le misure presenti su reclutamento e ricerca danno solo risposte parziali e superficiali: rispetto alla necessità più volte denunciata di assumere 20000 docenti, lo sblocco del turn over per i ricercatori rischia di aumentare semplicemente la precarietà già dilagante, senza risolvere realmente il problema.

Inoltre, non è prevista alcuna misura per il diritto allo studio, settore in cui gli investimenti sono palesemente insufficienti (come dimostrato dalla peculiarità tutta italiana degli idonei non beneficiari) e caratterizzato da numerose emergenze, tra cui quella dell’ISEE.

Su questo fronte, la decisione di avviare un primo tavolo di confronto sul tema ha rappresentato sicuramente un primo passo in avanti, considerando l’ottenimento di un percorso delineato e la presa d’atto da parte delle istituzioni della necessità di un intervento urgente, ma è fondamentale che dalle parole si passi ai fatti e che si mettano in pratica misure concrete. Ribadiamo con forza la necessità di ulteriori finanziamenti, un innalzamento immediato delle soglie ISEE ed ISPE ed un accordo con le Regioni per l’emanazione di nuovi bandi accessibili agli studenti esodati per il nuovo ISEE o per l’ISPE e a coloro che dalle prime graduatorie risultano idonei non beneficiati. Inoltre per l’anno prossimo sarà indispensabile lavorare ad una vera riforma del sistema, includendo l’eliminazione dell’ISPE stesso, ormai inutile.

Il nuovo ISEE avrà conseguenze disastrose anche sul fronte delle tasse, un tema già estremamente problematico. L’Italia infatti è saldamente ancorata al terzo posto nella classifica europea per la contribuzione media più alta: dal 2005 a oggi le tasse universitarie a livello nazionale sono aumentate del 50% passando da una media di 736,91 a 1112,35 euro e solo nell’ultimo anno l’incremento è stato di ben 5 punti percentuali. Ora, inoltre, per colpa del nuovo ISEE, molti studenti si troveranno ad affrontare un incremento considerevole della contribuzione, senza che la loro situazione reddituale o patrimoniale sia variata rispetto allo scorso anno.

L’emergenza ISEE non deve però far passare in secondo piano il problema del sotto finanziamento strutturale del sistema universitario, che riguarda in primis il diritto allo studio, un diritto costituzionalmente garantito, ma che oggi sembra un privilegio per pochi. Un dato emblematico è  il numero di studenti che usufruiscono di  una borsa di studio nei vari paesi europei: nell’anno accademico 2013/2014 erano solo 137.487 in Italia, contro i 322.753 della Spagna, i 423.842 della Germania e i 639.884 della Francia. Non possiamo accettare che, con il dilagare della povertà e delle diseguaglianze, meno di uno studente italiano su dieci riceva una borsa di studio.

Il finanziamento adeguato dell’Università pubblica è responsabilità dello Stato e in una fase di crisi economica il potenziamento dell’investimento in formazione e ricerca è strategicamente fondamentale per il rilancio del Paese attraverso l’innovazione, mezzo primario per garantire alla propria economia di essere anche nel futuro prossimo competitiva con gli standard dei Paesi più industrializzati e innalzare il livello di formazione dei suoi giovani. 
I Governi italiani degli ultimi anni hanno mantenuto e potenziato il trend negativo che già dal 2008 vedeva l’Italia agli ultimi posti della classifica OCSE sui finanziamenti all’università. Secondo il rapporto “Education at a glance 2014” dell’OCSE l’Italia è 35° su 37 Paesi per l’incidenza della spesa per l’Università su PIL.

Se a tutto ciò affianchiamo il blocco del turn-over che il sistema universitario italiano sarà costretto a subire almeno fino al 2016, e gli assurdi criteri di valutazione e accreditamento, il risultato porta ancora una volta in un’unica direzione, quello di un restringimento dell’offerta formativa e del dilagare dei corsi a numero chiuso. Chiediamo un’inversione di rotta totale sul fronte del finanziamento agli atenei, partendo dall’incremento dell’FFO e adeguandolo almeno a quelli che sono gli investimenti degli atri paesi OCSE.

Di fronte ad un sistema che di fatto sta sbattendo fuori gli studenti dalle università, non possiamo che chiedere una svolta significativa: il nostro paese deve tornare ad investire in spesa pubblica, partendo dall’istruzione e dal diritto allo studio.

 

+ DISPERSIONE SCOLASTICA e + SPESE PER STUDENTI E FAMIGLIE: DIRITTO ALLO STUDIO, DIRITTO AL FUTURO

Il Diritto allo Studio è l’insieme degli strumenti che lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali mettono in campo per garantire realmente a tutti gli studenti pari opportunità nell’accesso ai più alti gradi dell’istruzione: borse di studio, sussidi, servizi che permettono a ciascuno studente l’emancipazione dalle proprie condizioni economiche di partenza e il superamento delle diseguaglianze che caratterizzano la nostra Società. Gli investimenti che ogni Paese sostiene per realizzare il Diritto allo Studio rappresentano l’indice della capacità di ogni Stato di creare futuro avvalendosi delle competenze, dei talenti e dei sogni dei propri studenti.

Il Diritto allo Studio in Italia è sostanzialmente violato: la quasi totale mancanza di investimenti pubblici e la profonda disomogeneità delle situazioni da regione a regione, alla fine dei conti ha come risultato che molti studenti sono costretti a determinare il proprio percorso di studi in base alle condizioni economiche della propria famiglia. Invece di scegliere la scuola che vorrebbero, scelgono quella che si possono permettere perché meno distante e meno costosa; oppure invece di partecipare ad attività extracurricolari restano a casa perché non possono permettersi il pranzo o la quota da pagare. Quando succede questo, è un fallimento dello Stato, una grande ingiustizia e, spesso, un tassello di futuro perso per sempre. A causa del mancato investimento in Diritto allo Studio negli anni passati, la Scuola è diventata sempre più un luogo di esclusione invece che di inclusione, incapace di dare competenze e in generale una prospettiva di miglioramento della condizione dei singoli. Vogliamo dire allora che per noi il diritto allo studio è la priorità assoluta!

Per garantire il Diritto allo Studio in tutto il Paese è necessario che da un lato lo Stato stabilisca un sistema e delle regole minime, dall’altro che si faccia un deciso investimento stanziando i soldi necessari a realizzare questo sistema. Vogliamo una legge quadro nazionale e un fondo nazionale perequativo per il diritto allo studio scolastico.

Legge quadro nazionale: la competenza di erogare il diritto allo studio spetta alle Regioni, ma lo Stato può e deve stabilire con una legge i Livelli Essenziali delle Prestazioni, cioè quel minimo che dev’essere comunque e ovunque garantito e con quali strumenti minimi garantirlo. Ecco la nostra proposta di LEP:

  • fondo nazionale di comodato d’uso per totale gratuità di libri di testo, corredo scolastico e strumenti didattici per gli studenti degli istituti tecnici e professionali.
  • gratuità dei trasporti scolastici e qualità garantita tramite valutazione studentesca e contrattazione locale
  • mense e alloggi
  • orario scolastico pomeridiano per scuole aperte davvero
  • strumenti appositi per il diritto allo studio dei soggetti con disabilità
  • strumenti appositi per il diritto allo studio e l’integrazione degli studenti stranieri
  • borse di studio per i privi di mezzi

Fondo nazionale perequativo: dei LEP senza finanziamento, però, sarebbero inutili. Lo Stato deve avere il diritto allo studio come priorità politica e pertanto garantire un finanziamento adeguato a rendere gratuita e pienamente accessibile l’istruzione pubblica. Già dalla prossima finanziaria, la Legge di Stabilità per il 2016, chiediamo lo stanziamento dei fondi necessari.

 

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