L’associazione UniCa 2.0 accoglie l’appello della Tavola Sarda per la Pace e comunica la sua adesione alla manifestazione indetta per sabato 31 ottobre, per esprimere un corale sentimento di pace, contro le esercitazioni NATO e le servitù militari.
Nell’isola della Sardegna sono collocate il 60% delle basi militari dello Stato Italiano; le basi di Teulada, Decimomannu, e Salto di Quirra sono le prime per estensione del Mediterraneo. In questi poligoni hanno luogo test di nuovi armamenti ed esercitazioni di militari italiani e stranieri, incluso l’esercito israeliano, che sul suolo sardo ha preparato gli interventi repressivi “Piombo Fuso” e “Scudo protettivo” compiuti ai danni del popolo palestinese.
I test delle armi e lo svolgersi delle esercitazioni hanno ricadute ambientali non quantificabili che vanno dall’inquinamento, a causa delle sostanze nocive rilasciate nel suolo e nell’aria, alla distruzione del patrimonio archeologico e naturale, come mostrano i casi di distruzione di diversi nuraghi e lo sviluppo di incendi, come quello del settembre scorso a Capo Frasca cui ha fatto seguito la manifestazione più imponente contro le servitù militari, che ha visto l’afflusso di 10mila dimostranti inclusa la nostra Associazione.
Anche le condizioni di salute delle popolazioni che risiedono vicino ai poligoni, impongono di riflettere sull’opportunità di cedere intere porzioni territoriali ad uso d’esercitazione bellica. Sono infatti emerse nel corso degli anni diverse correlazioni che porterebbero a ricondurre il clamoroso aumento delle morti per tumori, leucemie e aborti spontanei alle attività legate al Poligono Interforze di Salto di Quirra.
E’ inaccettabile che, così come nel caso di altre realtà industriali inquinanti, la popolazione venga posta davanti al vergognoso ricatto della scelta tra salute/tutela dell’ambiente e posto di lavoro. Ricatto peraltro del tutto strumentale, perché le ricadute occupazionali nel territorio portate dalle basi militari, sono minime se confrontate alle reali vocazioni di sviluppo, come quelle agro-pastorali o turistico ricettive che restano inespresse a causa dell’opprimente presenza militare, sacrificando un modello di crescita ecosostenibile, in nome di uno sviluppo legato all’economia della guerra, che sarà sicuramente molto redditizio per il Ministero della Difesa e per Finmeccanica, ma che è moralmente inaccettabile per tutti i cittadini sardi e italiani che ripudiano questo strumento di oppressione dei popoli e il modello economico imperialista su cui esso si basa.
In questo mese la NATO ha dato avvio alla Trident Juncture, “la più grande esercitazione dalla fine della guerra fredda”; sono 33 gli eserciti coinvolti, 36000 i soldati dislocati in Italia, Spagna e Portogallo, 200 i cacciabombardieri e 60 le unità navali che saranno impiegati.
La Sardegna dal 25 ottobre fino al 6 novembre pagherà caro il suo tributo al modello economico basato sulla guerra, tutti i poligoni saranno coinvolti nell’operazione ma l’apice si raggiungerà in quello di Capo Teulada, dove è previsto il bombardamento della costa, con lo sbarco di reparti anfibi italiani, statunitensi e britannici, in contemporanea allo schieramento di reparti di terra.
I protagonisti di questo simulato scenario di guerra non saranno solo militari ma anche 15 multinazionali che operano nel settore degli armamenti, e diverse ONG di rilievo internazionale come Croce Rossa e Save the Children.
Non è dato conoscere le ragioni dell’adesione da parte delle organizzazioni umanitarie che, forse per imbarazzo, si sono trincerate dietro un invalicabile silenzio.
L’obiettivo NATO è quello di addestrare la Task Force di pronto intervento e soprattutto il suo corpo d’élite di nuova composizione, formato da 5mila soldati ed enfaticamente soprannominato “punta di lancia”, che sarà in grado di essere schierato in meno di 48 ore per rispondere prontamente “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale”.
E’ esplicito il riferimento all’area mediterranea mediorientale ed esteuropea, nonostante i recenti esiti abbiano dimostrato quanto le ingerenze occidentali abbiano provocato condizioni di ulteriore destabilizzazione politica in quelle aree,ma l’intenzione della NATO è quella di esibire la sua macchina imperialista e mostrare la sua forza militare a vecchi e nuovi possibili antagonisti.
La Trident, con la sua imponenza, si inserisce in un pericoloso contesto che ha visto il raddoppiamento delle esercitazioni militari nei paesi limitrofi alle aree europee di instaibilità, anche a seguito del ravvivarsi della sopita conflittualità con la Russia come conseguenza della vicenda che ha visto protagonista l’Ucraina.
La NATO continua quindi a perpetrare il modello di strumento offensivo attraverso il quale perseguire le mire espansionistiche delle potenze occidentali, incuranti dei danni che tali modalità di intervento abbiano generato dalla ex Jugoslavia all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia.
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