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L’Italia ha avuto da sempre dei profondi squilibri per quanto riguarda lo sviluppo economico e non solo tra il Nord e il Sud. Squilibri che, però, hanno assunto caratteri drammatici con il perdurare della crisi economica più lunga dal secondo dopoguerra.
Il Rapporto SVIMEZ 2015, presentato il 27 ottobre, fotografa assai puntualmente quella che è la situazione economica e sociale sia del contesto italiano che europeo e mondiale: ciò che emerge con estrema chiarezza è il profondo ritardo del meridione, in uno scenario in cui l’Italia rappresenta, assieme agli altri paesi del Mediterraneo, il “mezzogiorno d’Europa”. La situazione è resa ancor più drammatica dal ritardo della politica italiana, troppo spesso assente, incapace di intervenire in maniera seria e strutturale sul Sud, ancora abbandonato a se stesso.
Sono tante, tantissime, le esperienze positive di amministrazione efficace e trasparente, contrasto alla criminalità organizzata, promozione di una cultura della legalità, innovazione sociale ed anche economica. Ma gli sforzi di molteplici attori economici e sociali, pubblici e privati, rischia di rimanere complessivamente inefficace, se non si adotta una strategia nazionale coerente e continuativa, che crei le condizioni di contesto per favorire un’inversione di tendenza generalizzata.
Per questo come studenti e studentesse, medi e universitari, di tutta Italia sentiamo l’esigenza di essere parte attiva di una forte spinta al cambiamento e chiediamo di intervenire urgentemente sul sistema d’istruzione anche con una serie di interventi che certamente non risolverebbero il “problema” meridionale, ma che attraverso un’istruzione di qualità getterebbero le basi di una rinnovata mobilità sociale e di un rilancio del Sud.
La scuola è il primo strumento che può combattere l’emarginazione sociale valorizzando le peculiarità territoriali: all’interno dei luoghi periferici le scuole sono il primo presidio di legalità e inclusione. Per poter sopperire alle attuali mancanze bisogna prendere in considerazione anche le singole realtà e analizzarle, non valorizzandone alcune a discapito di altre, non riconfermando la divisione tra scuole di serie A e di serie B, bensì cercando di mettere in eguali condizioni tutte le realtà del sistema formativo italiano, soprattutto a fronte del drammatico stato di quelle del mezzogiorno.Vogliamo che si riparta da una legge nazionale sul diritto allo studio finanziata attraverso un fondo perequativo e dalle corrispettive leggi regionali, da riaggiornare o da scrivere completamente.
La scuola e la cultura devono essere accessibili a tutti: per farlo non si può prescindere dal ragionamento sul diritto allo studio come non si può pensare di non implementare il welfare studentesco. Chiediamo quindi un sistema di servizi integrati che nulla ha a che vedere con misure come l’erogazione di fondi da far usare liberamente a chi è all’interno di un percorso formativo, ma che invece possa garantire l’effettiva efficienza del sistema pubblico, la gratuità e l’agevolazione dei percorsi formativi e del consumo culturale.
Vogliamo che si tenga conto veramente del problema della dispersione scolastica e delle aree a rischio: lo strumento principale è implementare diritto allo studio e welfare, ma anche favorire progetti di recupero delle periferie sociali e di valorizzazione delle realtà scolastiche in contesti disagiati, come presidi dello stato, dove questo riesce ad arrivare solo parzialmente.
Riteniamo necessario avere a disposizione delle strutture dove si può fare sperimentazione didattica ed esperienze di laboratorio, dove non esistono fenomeni come quello delle classi pollaio, dove nei periodi più freddi non si è costretti, come più volte abbiamo denunciato, a portare in classe coperte e borse dell’acqua calda. È necessario rivalutare lo strumento dell’anagrafe sull’edilizia scolastica non per costruirci sopra annunci e spot ma per individuare le situazioni a rischio e intervenire concretamente per mettere in sicurezza tutte le strutture, per averne di nuove e per ammodernarle.
Per atenei che non siano più costretti a competere tra loro, divisi tra serie A e serie B, ma bensì visti come risorsa economica sociale e culturale per il territorio dove operano, vogliamo una rivisitazione del sistema di valutazione, che superi l’attuale ripartizione della quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario, trasformandola in una quota aggiuntiva da ripartire in 3 grandi aree Nord, Centro e Sud.
Vogliamo il superamento dell’attuale sistema di ripartizione dei Punti Organico (PO), in modo da arginare quel fenomeno “migratorio” che ha portato negli ultimi 4 anni ad un travaso di ingenti risorse destinate al reclutamento dal Centro Sud al Nord: l’equivalente di un surplus di 341 Punti Organico al Nord, e una perdita di 60 PO al Centro e 241 PO al Sud.
Vogliamo investimenti sulle infrastrutture e i collegamenti, per superare la situazione attuale in cui la mobilità è di fatto impossibilitata in alcune aree del Paese, determinando una spaventosa disparità di possibilità nella mobilità; chiediamo politiche di agevolazione, con sconti reali o gratuità dei trasporti per i giovani e gli studenti che usufruiscono dei servizi di trasporto pubblici.
Proponiamo un sistema di diritto allo studio uniforme a livello nazionale, che impegni ad assicurare i fondi necessari ad ogni singola realtà, sia da parte dello Stato che delle Regioni. E’ necessario, poi, che vengano definiti in maniera ampia ed inclusiva i livelli essenziali delle prestazioni.
Siamo convinti che la tassazione non possa rappresentare uno strumento di competizione tra gli atenei, su cui basare la propria attrattività. Riteniamo però che in un momento estremamente emergenziale come è quello attuale, sia necessario immaginare delle misure perequative nel finanziamento agli atenei, che in qualche modo pongano rimedio alle storture del sistema.
Per appianare le diseguaglianze riteniamo fortemente necessario ripartire dalla centralità dell’istruzione pubblica: bisogna lavorare per eliminare qualsiasi impedimento sociale ed economico e garantire a tutti la possibilità di seguire il proprio percorso formativo, investendo su un sistema di diritto allo studio che tenga conto delle specificità territoriali e rendendo i luoghi della formazione sicuri e privi di rischi. Senza una visione complessiva del ruolo sociale ed economico dell’istruzione nello sviluppo del Paese, le disuguaglianze e l’immobilità sociale che bloccano le nostre generazioni non si possono sconfiggere.
Ripartiamo da #ScuolaUniversitaDiritti : vogliamo un’istruzione di qualità per un meridione che torni a crescere, per un Paese #PiuUguale.
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