Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il 26 marzo ha scritto un articolo su “Repubblica” in cui, a suo dire, avrebbe spiegato il suo piano per salvare la scienza in Italia. Oltre a rilanciare su vari provvedimenti già presenti in Legge di Stabilità, come le 500 cattedre per “ricercatori speciali”, Renzi espone alcuni dati, assimilandoli in “fasce” per fare un paragone tra Italia, Germania e Francia, per quanto riguarda l’investimento pubblico in Ricerca nel settore dell’Higher Education.
Jacopo Dionisio, coordinatore dell’Unione degli Universitari dichiara: “Renzi prende come termine di paragone con gli altri paesi europei i dati relativi all’investimento pubblico in Ricerca, in ambito universitario, dal 2003 al 2013. Ma basta aprire le tabelle dell’OECD con i valori dal 2009 al 2014 per capire che il confronto con Francia e Germania per quanto riguarda l’investimento, pubblico e non, in Ricerca è a dir poco esiguo: nel 2014 in Italia l’investimento complessivo in ricerca è stato dell’1,29% del PIL, mentre in Francia si è arrivati al 2,26% e in Germania al 2,84%. Se si va a vedere l’investimento statale in ambito universitario, tra il 2009 e il 2014, l’Italia oscilla tra lo 0,35% e lo 0,37% del PIL, la Francia tra lo 0,48% e lo 0,51%, la Germania tra lo 0,46% e lo 0,47%. Renzi sostiene che l’investimento sul Piano Nazionale della Ricerca di 2 miliardi e 429 milioni di euro sul triennio sia considerevole: sicuramente un investimento non può che essere positivo, tuttavia non è specificato in quali voci sia divisa quella cifra, se comprenda anche la quota riservata al progetto di Human Technopole, se si tratti di investimento in ambito universitario o meno, se siano investimenti effettivi o agevolazioni per la ricerca industriale. Per raggiungere livelli percentuali simili a quelli franco-tedeschi, inoltre, sarebbe necessario investire, ogni anno, almeno 1 miliardo e 300 milioni di euro in più da parte dello Stato, di cui 700 milioni di euro almeno sulla Ricerca in ambito universitario. Nell’articolo del Presidente del Consiglio, inoltre, il grande assente è l’argomento della ricerca di base, del quale non si fa neanche menzione, nonostante le forti sollecitazioni sull’argomento provenienti dalla Senatrice Cattaneo”.
Prosegue il coordinatore dell’UDU: “La scorsa settimana, inoltre, sono usciti i dati Eurostat riguardanti la spesa governativa del 2014 divisa per settori: l’Italia risulta essere ultima per quanto riguarda la percentuale di investimento statale per il settore educazione (7,9% a fronte di una media UE del 10,2%) e terzultima, sopra solamente a Slovacchia e Romania, per quanto riguarda l’investimento statale in educazione rispetto al PIL (4,1% a fronte di una media europea del 4,9%). Questi dati sono significativi e, visto che il Presidente del Consiglio sembra averli presi in considerazione, ci auguriamo che li analizzi a fondo e comprenda che è necessario investire seriamente nel sistema universitario italiano: è ormai diventato insostenibile il fatto che abbiamo le terze tasse più alte d’Europa e una percentuale di idonei alla borsa di studio del solo 10% sul totale degli studenti, contro il 34% e 25% di Francia e Germania, che, inoltre, possono vantare tasse quasi completamente assenti (come in Germania) o di molto inferiori alle nostre (come in Francia)”.
Conclude Dionisio: “I 56 milioni aggiuntivi sul diritto allo studio, assieme all’innalzamento delle soglie ISEE e ISPE per l’accesso alle borse di studio sono un punto di partenza. Il Governo deve agire immediatamente e ampliare il diritto allo studio, puntando a includere nella platea degli aventi diritto molti più studenti, e intervenire sulla grave situazione di sottofinanziamento che fa sì che le università si sostentino per una fetta troppo ampia con le tasse degli studenti e ponga barriere economiche, sociali e didattiche di fronte ai potenziali studenti. L’Università deve tornare a essere il motore sociale e culturale del Paese e non essere un luogo accessibile solamente a coloro che possono permetterselo”.
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