17now2016-vertIl 17 Novembre 1939, le truppe naziste fanno irruzione all’interno dell’Università Carolina di Praga, uccidendo 9 studenti e deportandone più di 1200 nei campi di concentramento. Nello stesso giorno, tutte le università dell’allora Cecoslovacchia vengono chiuse. Le atrocità naziste avvengono in reazione alle proteste pacifiche guidate dagli studenti contro l’occupazione tedesca.

Dal 1941, questa data è stata celebrata come Giornata Internazionale dello Studente. In tutto il pianeta gli studenti continuano a lottare contro la repressione, per il fondamentale diritto umano di accedere all’istruzione gratuitamente a tutti i livelli e per una società inclusiva e democratica.
Il 17 novembre l’Italia, l’Europa e tutto il Mondo saranno attraversati da mobilitazioni studentesche per affermare che l’istruzione è il luogo in cui investire, partendo dal riconoscere il fallimento delle politiche di austerità che nel nostro Paese hanno colpito il settore dell’educazione più che ogni altra voce di finanziamento pubblico.
I tagli all’istruzione pubblica e ai sistemi di diritto allo studio, l’aumento delle tasse universitarie, il debito studentesco (specie nel mondo anglosassone) sono minacce trasversali che coinvolgono il movimento studentesco a livello globale.

Fenomeni dirompenti come la Brexit, l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti d’America, la crescita esponenziale di movimenti genericamente anti-sistema ma sempre più spesso caratterizzati politicamente in senso nazionalista e protezionista, la svolta autoritaria della Turchia, il colpo di stato “istituzionale” in Brasile, necessitano un radicale ripensamento del modo in cui la globalizzazione va governata e non subita.L’UE può rinascere se riparte dai diritti sociali, da un’unione fiscale che consenta di attuare politiche di welfare in grado di dare una risposta alle fasce più deboli della società che sempre più vedono nei movimenti che disegnano l’orizzonte nazionale come un muro a protezione e soluzione di ogni problema.
A questi processi va opposta una forte affermazione della responsabilità pubblica verso i sistemi di istruzione, il cui finanziamento è sempre più affidato agli studenti stessi e alle loro famiglie. Mentre lo Stato si ritrae negando il proprio ruolo di garante dell’uguaglianza e delle opportunità, i “privi di mezzi” non riescono ad accedere ai più alti gradi di istruzione e sono relegati ad una marginalizzazione determinata dalla propria condizione di partenza. Per questo, non può più essere rimandata una seria azione che contrasti il fenomeno dei NEET e degli alti tassi di disoccupazione per i giovani con livelli di istruzione medio alti.Investire in istruzione, a maggior ragione nella società della conoscenza, significa rimettere in moto la mobilità sociale, consentendo a tutti di accedere e sostenere il proprio percorso di studi. Da sempre denunciamo come questo, specialmente in Italia, non avvenga ed è dimostrato dagli alti tassi di dispersione scolastica, di abbandono degli studi universitari e dal progressivo e inesorabile calo degli iscritti nelle nostre Università.
Le cause sono note: un sistema di diritto allo studio scolastico di fatto inesistente, un sistema universitario sottofinanziato in tutti i suoi aspetti e costretto dalle limitazioni all’accesso a livello nazionale e locale, una tassazione universitaria tra le più alte dell’area OCSE a cui corrisponde una percentuale irrisoria di beneficiari di interventi di diritto allo studio universitario.Le misure del Governo non sembrano avere una visione d’insieme e di lungo termine in grado di invertire queste tendenze. La legge di bilancio 2017 per la prima volta dopo anni interviene sul diritto allo studio consolidando l’aumento di 50 milioni di euro per il Fondo Integrativo Statale per le borse di studio. Una direzione giusta ma non sufficiente nemmeno ad eliminare vergogna degli idonei non beneficiari, come invece è stato più volte promesso dal Ministero. Anche la previsione di una no tax area va incontro, in linea di principio, all’urgenza di garantire il diritto allo studio ai più svantaggiati. Oltre ad una soglia di reddito per l’esonero troppo poco inclusiva per incidere davvero, l’intervento è caratterizzato dal legame con il merito accademico, che vediamo accompagnare per logiche di consenso ad ogni misura legata al diritto allo studio. Lo stesso vale infatti per le ricche superborse di studio destinate a pochissimi, risorse che in nome della cosiddetta meritocrazia sono indirizzate a pochi “eletti” (con criteri alquanto stringenti e discutibili), invece che essere destinate ai tantissimi idonei non beneficiari del nostro Paese.
Anche nella scuola l’intervento è dello stesso tenore, all’interno della legge di Bilancio il diritto allo studio scolastico non è assolutamente preso in considerazione. Nel nostro paese concludere il percorso di studi superiori diventa sempre più complesso, soprattutto per gli studenti provenienti dalle fasce di reddito più basse, viviamo un contesto formativo completamente privo di servizi e di tutele, siamo costretti a frequentare strutture inadeguate e fatiscenti e in questo senso le misure del governo in materia di Edilizia scolastica sono assolutamente insufficienti. Abbiamo bisogno che il Governo nazionale ascolti le nostre richieste, finanziando le leggi regionali sul diritto allo studio e approvando una legge quadro nazionale che possa livellare le enormi disuguaglianze che attanagliano il mondo della pubblica istruzione in tutto il paese. Oltre a questo necessitiamo di avere un confronto serio con le istituzioni, al fine di ripensare totalmente i modelli di didattica attuali, al momento inefficaci sia per il proseguimento degli studi che per l’inserimento nel mondo del lavoro e troppo spesso causa di una sfiducia dei giovani nell’istruzione. Ciò che invece è stato fatto fino a questo momento è stato spendere il grosso delle risorse nel bonus cultura: cinquecento euro ai diciottenni che non hanno nessun effetto di prospettiva sulla prosecuzione degli studi e non innescano alcun meccanismo virtuoso, nemmeno in termini economici e che non garantiscono un vero accesso libero alla conoscenza e alla cultura, per tutte e per tutti.L’Italia non è il solo paese in Europa a vivere una fase buia per i sistemi pubblici di istruzione: in molti altri stati, la situazione è analoga alla nostra. Per questo abbiamo aderito alle campagne lanciate da ESU ed OBESSU, le organizzazioni europee che riuniscono, rispettivamente le organizzazioni nazionali degli studenti universitari e degli studenti medi. La European Students’ Union, dopo aver guidato la stesura della Bergen Declaration (una dichiarazione d’intenti sottoscritta da organizzazioni studentesche dei cinque continenti) ha lanciato la piattaforma online Global Student Voice per unire i movimenti studenteschi a partire dal 17 novembre nella richiesta di un’Università libera e gratuita al grido di #FundOurFuture!
In questo senso si muove anche la campagna dell’OBESSU, dal nome Global Call for Action, che lanciando l’hashtag #access4all richiede con forza un sistema di welfare studentesco europeo e un sistema di pubblica istruzione veramente accessibile per tutte e per tutti, con una particolare attenzione per gli studenti delle fasce più deboli della nostra società.Modifiche importanti della legge di bilancio, l’avvio di una discussione su un sistema nazionale per il diritto allo studio per le scuole superiori, un nuovo modo di intendere l’alternanza scuola lavoro, la valorizzazione nel mondo del lavoro delle competenze acquisite durante il percorso di studio e tanto altro ancora, sono i punti di partenza per un cambiamento radicale del nostro sistema d’istruzione. Per questo il 17 novembre come Unione degli Universitari e Rete degli Studenti Medi saremo presenti nelle città, nelle scuole e nelle università, con iniziative di vario tipo, perché questa giornata non sia solo celebrazione, ma un’occasione per ricordare che l’istruzione italiana, fanalino di coda in Europa sotto moltissimi punti di vista, ha bisogno di risorse e di una progettualità seria. Da qui bisogna ripartire, e per questo chiediamo al Governo, al Parlamento, alle regioni, alle città, un #CambiodiProspettiva !

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