Il nuovo costo standard per studente è stato reintrodotto con un articolo all’interno del Decreto Legge sul Mezzogiorno. L’articolo 12 del D.L. 91 del 20 giugno 2017, infatti, reintroduce, con alcune modifiche, la disciplina del costo standard precedentemente affossata dalla sentenza n.104 di quest’anno della Corte Costituzionale, salvando questa parte di finanziamento ordinario delle università, per quest’anno, cui è collegata l’attuazione della no-tax area a partire dal prossimo anno, ma perdendo l’occasione di introdurre modifiche richieste rispetto al vecchio sistema.
Elisa Marchetti, coordinatrice dell’Unione degli Universitari, dichiara: “A una prima lettura del testo non si può che sottolineare che si tratta di un’occasione persa per poter ritoccare nel merito alcuni punti estremamente critici del vecchio costo standard, nonostante la nuova disciplina sia definita attraverso l’introduzione di una nuova norma primaria (di pari rango, quindi, della “Legge Gelmini”). L’elemento macroscopico in questione è l’esclusione degli studenti fuoricorso dal conteggio del numero di studenti computati per il calcolo del costo standard. Non è pensabile ignorare, attraverso una norma, l’esistenza di studenti che, nella realtà, sono iscritti in università, ancor più se anche la disciplina della no-tax area, di recente introdotta, richiede l’utilizzo del costo standard come moltiplicatore anche per gli studenti fuori corso di un anno”.
Prosegue la coordinatrice dell’UDU: “Viene, inoltre, confermato e ‘istituzionalizzato’ l’utilizzo delle numerosità per l’accreditamento dei corsi come parametro per il calcolo del costo standard: nella versione precedente erano state più volte sottolineate delle criticità nell’utilizzo di questi parametri per la computazione del costo standard, che non poteva tener conto della peculiarità dei corsi di studio (ovviamente, poiché nel costo standard venivano utilizzate le numerosità per l’accreditamento delle classi di laurea). Le numerosità di riferimento, inoltre potranno essere modificate dal MIUR stesso con un meccanismo simile al precedente, per cui ogni valore dovrà essere “compreso nell’intervallo tra il 60 per centro e il 100 per cento del numero di riferimento previsto in sede di accreditamento”. Quindi, come per lo scorso costo standard, il MIUR potrà decidere per quali corsi si dovrà tener conto delle numerosità per l’accreditamento e quali, invece, potranno avere numerosità con dei ‘bonus’. L’altro elemento critico è la conferma del costo caratteristico del professore di I fascia che viene utilizzato come parametro di base per creare i costi standard di voci che vanno dai costi dei collaboratori linguistici a quelli del personale tecnico amministrativo”.
Conclude Elisa Marchetti: “Viene mantenuta la ratio della vecchia quota perequativa, basata sulla capacità contributiva di ogni regione, ignorando elementi di banale realtà: all’interno delle singole regioni esistono differenti modelli di contribuzione e una forte eterogeneità della contribuzione media. A questa viene sommata un’ulteriore quota perequativa, ‘che tenga conto della diversa accessibilità di ogni università in funzione della rete dei trasporti e dei collegamenti’: questo parametro potrà far variare il costo standard fino a un 10% dalla media nazionale. Un’altra grande criticità riguarda il fatto che il decreto ministeriale che dovrà ridefinire nel dettaglio i singoli indicatori dovrà essere emanato entro 60 giorni dalla pubblicazione del DL: in pratica viene previsto che gli indicatori vengano elaborati sotto l’ombrellone, tra luglio ed agosto, senza la possibilità di un serio e produttivo confronto e, addirittura, con il rischio di emanare un decreto sul testo di un DL che deve essere convertito in Legge e potrebbe subire modifiche! In ogni caso il confronto sembra voglia essere evitato: la Legge Gelmini stabiliva che il costo standard dovesse essere emanato dal MIUR di concerto con il MEF, sentito l’ANVUR; l’attuale testo stabilisce che il dettaglio degli indicatori verrà deciso attraverso un decreto ministeriale del MIUR, sentiti CRUI e ANVUR. Un’altra occasione persa per ampliare il confronto istituzionale con gli organi veramente rappresentativi della comunità accademica e della rappresentanza studentesca. Anzi, viene ufficializzato il passaggio alla CRUI che, almeno fino a oggi, non riveste il ruolo di istituzione pubblica, ma continua a rimanere un soggetto di diritto privato! Crediamo che questo non sia affatto il metodo con cui poter portare avanti scelte importanti per il futuro dell’università. È necessario ripensare il costo standard, per via della sua potenziale utilità nel riparto del funzionamento: il cammino intrapreso finora non ci sembra quello più produttivo, visto che i paletti messi in questo Decreto Legge limitano la discussione futura. Chiediamo con fermezza di modificare in corso d’opera tutti gli aspetti critici di questo nuovo costo standard e chiediamo l’ascolto della rappresentanza studentesca!”.
Di seguito la nostra analisi del nuovo costo standard, sia in versione scaricabile (CLICCA QUI), sia in versione sfogliabile!
continua a leggere
Post collegati
L’Unione degli Universitari lancia l’allarme: il governo sta tradendo gli impegni presi con l’Unione Europea sulle residenze universitarie. In gioco
Unione degli Universitari e Rete degli Studenti Medi in sciopero al fianco dei lavoratori della CGIL in tutta Italia. “I
Tagli alle università, dopo la Crui anche il Cnsu boccia il Governo sul Decreto FFO. Servono almeno 700 milioni solo