24 CFU. Il MIUR ha varato ieri il decreto ministeriale che definisce in via transitoria i Settori Scientifici Disciplinari da acquisire ai fini della partecipazione al primo concorso per l’accesso all’insegnamento che verrà bandito nel 2018. Si riscontrano diversi aspetti positivi, ma rimangono alcune criticità.
All’inizio di questo iter non era scontato che fosse introdotta una fase transitoria a tutela dei laureati e dei laureandi che avrebbero altrimenti dovuto affrontare altissimi costi per frequentare corsi singoli extracurricolari. Eravamo e siamo contrari all’introduzione di un prerequisito per l’accesso al concorso, soprattutto considerando il percorso triennale che servirà proprio alla formazione dei futuri insegnanti.
Tuttavia, siamo soddisfatti per l’accoglimento di gran parte delle richieste avanzate da noi e dal Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari: il decreto infatti ritiene validi i CFU relativi a tutti i SSD di Pedagogia (M-PED) e di Psicologia (M-PSI) e Discipline demoetnoantropologiche (M-DEA 01) di Antropologia. Oltre a questi vengono definiti nel dm i crediti dei SSD di metodologie e tecnologie didattiche generali, mentre quelli di metodologie e tecnologie didattiche specifiche sono disciplinati in relazione alle classi concorsuali e sono contenuti negli allegati al decreto, che però ancora non sono pubblicati nel sito istituzionale.
Altro risultato ottenuto grazie al lavoro del CNSU è la norma che permette di non considerare fuori corso per un semestre aggiuntivo alla durata normale del corso lo studente iscritto ai percorsi per l’acquisizione dei 24 CFU che le istituzioni universitarie potranno attivare, anche in convenzione tra loro. Rivendichiamo poi la gratuità per gli studenti ancora iscritti, per i quali il conseguimento di crediti aggiuntivi – ulteriori rispetto al piano di studi – non avrà infatti alcun costo. Non siamo del tutto soddisfatti ma riteniamo un passo avanti l’apposizione di un tetto alla contribuzione massima (500 €) per coloro che si sono già laureati e la riduzione proporzionale dei costi a seconda dei crediti da conseguire. Male invece l’assenza totale di forme di diritto allo studio per questi ultimi che non hanno potuto né svolgere il TFA nè acquisire i crediti necessari per l’accesso al FIT, come appena definiti dal decreto ministeriale.
Rimangono aperte delle criticità e degli interrogativi: le università non hanno il dovere di istituire i percorsi di erogazione dei 24 CFU e le convenzioni tra più istituzioni potrebbero comunque non bastare a coprire tutti gli atenei, quindi lo studente costretto a iscriversi al percorso semestrale in un ateneo diverso rispetto a quello di iscrizione potrebbe dover pagare cifre anche considerevoli ed essere costretto a sostenere ulteriori costi per poter frequentare. A ciò infatti non sopperisce del tutto la possibilità di erogare i corsi in via telematica, modalità alla quale preferiamo la forma del blended learning che coniughi la didattica tradizionale in aula con strumenti multimediali online e su dispositivi mobili. Infine, ci chiediamo se e come questi studenti verranno calcolati ai fini del Fondo di Finanziamento Ordinario vista anche la probabile entità numerica di interessati che potrebbe incidere in modo considerevole sui bilanci degli atenei.
Siamo pronti a svolgere tramite i nostri rappresentanti un lavoro capillare negli atenei per informare gli studenti e per fare in modo che i percorsi e le convenzioni tra atenei vengano attivati ovunque, nel rispetto della normativa e quanto più possibile tendenti alla gratuità.
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