FFO 2017. È stato pubblicato oggi il Decreto Ministeriale di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) per l’anno 2017. Rispetto allo scorso anno la quota ripartita di FFO registra un lieve aumento dello 0,75%, ma è quasi completamente dovuto all’introduzione del fondo vincolato a coprire i mancati introiti degli Atenei derivanti dalla no-tax area. Se si guarda alle quote comparabili rispetto agli scorsi anni il fondo invece diminuisce!
La quota vincolata all’introduzione della no-tax area non riesce, da sola, a coprire tutte le criticità di questo riparto del FFO 2017: infatti la quota base diminuisce di 133 milioni e 544 mila euro (-2,83% rispetto allo scorso anno), mentre la quota premiale continua a salire, con un aumento di 102 milioni e 600mila euro (+7,16% rispetto allo scorso anno). La quota base arriva ora a rappresentare il 69% della quota ripartita e la quota premiale costituisce ben il 23% del totale.
Se prendiamo in considerazione la fetta più grande del FFO, ovvero la somma tra quota base, quota premiale e intervento perequativo, la diminuzione delle risorse è di ben 80.944.205 di euro, il che è ancora più grave se si considera il rafforzamento della logica punitiva della cosiddetta “quota premiale”, basata sulla competizione tra atenei attraverso l’utilizzo dei controversi indicatori della VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca) e incapace di tener conto di una reale logica di fabbisogno.
Inoltre, nonostante l’opposizione espressa anche nel parere del CNSU sulla bozza del decreto di riparto, la clausola di salvaguardia che fino al 2016 impediva che il riparto determinasse una diminuzione superiore al 2,25% della quota ricevuta da ogni Ateneo rispetto all’anno precedente, è stata portata al 2,5%, aumentando di anno in anno.
L’introduzione invece del tetto massimo del 2,5% di variazione positiva, nei fatti, interviene solamente a sfavore di alcuni atenei del Sud.
Il sistema di distribuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario è ancora lacunoso e incapace di coprire il reale fabbisogno degli atenei. Basti pensare che solo oggi le Università sono a conoscenza di quanto spetti loro dei 55 milioni della no-tax area, pur essendo state costrette dalla scorsa legge di bilancio a emanare i nuovi regolamenti sulla contribuzione entro marzo 2017. Senza sapere quale quota di questo finanziamento sarebbe spettata loro, con l’incertezza dovuta anche dalla sentenza della Consulta che aveva dichiarato incostituzionale la vecchia disciplina sul costo standard per studente, gli Atenei con minori risorse sono infatti stati molto “cauti” nell’attuazione del nuovo modello di contribuzione studentesca, a scapito degli studenti non esonerati dalle tasse.
Il prossimo anno, il riparto della somma dedicata a compensare la no-tax area dovrà sicuramente avvenire con tempi ben diversi, tenuto conto del necessario adeguamento ai nuovi valori del costo standard per studente e al fatto che, grazie al lavoro negli organi accademici dei nostri rappresentanti, siamo riusciti a tenere aperti tavoli di contrattazione sull’applicazione della no-tax area. Non è pensabile che l’università italiana sia continuamente impegnata in una lotta alla sopravvivenza: è necessario invertire la logica punitiva, reinvestire fortemente nel Fondo di Finanziamento Ordinario, i cui criteri di riparto necessitano un radicale ripensamento. Bisogna fornire agli atenei i fondi e gli strumenti per poter recuperare il taglio sostanziale dei fondi avvenuto dal 2008 in poi: le università devono tornare ad avere risorse per le proprie strutture, la didattica e il reclutamento. È necessario dare un futuro al precariato universitario e non basterà semplicemente recuperare i docenti persi col blocco del turn over: bisogna invertire il trend del crollo del numero di docenti e di iscritti. Per poter fare dell’università il motore sociale e culturale del Paese servono investimenti cospicui e una valorizzazione fondata sulla cooperazione interna al sistema e sulla piena inclusione degli studenti nella comunità accademica.
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