scioperoIl Movimento per la Dignità della Docenza universitaria ha annunciato un nuovo sciopero degli appelli d’esame per la sessione estiva, dal 1° giugno al 31 luglio 2018.

Ci troviamo un’altra volta di fronte allo sciopero di una parte di docenti che ha come unico effetto quello di danneggiare gli studenti. E’ già successo nei mesi di settembre ed ottobre 2017, e in quell’occasione avevamo dato vita insieme a molti altri soggetti ad un movimento inclusivo di tutte le componenti dell’università, per dare un messaggio di unità contro i tagli al sistema che hanno portato anche al blocco degli scatti stipendiali oggetto dello sciopero.

A riprova dell’importanza dell’unità accademica, l’UDU ha avuto forti prese di posizione sul tema degli scatti stipendiali anche in Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. I promotori dello sciopero, in risposta, avevano additato l’iniziativa unitaria come concorrenziale e dannosa ai fini dell’ottenimento del risultato.

L’intento di spaccare la comunità accademica da parte del Movimento per la dignità della docenza era ed è tutt’ora chiaro. L’annuncio dello sciopero degli appelli per il solo fine di portare la discussione all’interno della campagna elettorale, come dichiarato dai promotori stessi, è pretestuoso e svilente nei confronti dello “strumento sciopero” stesso.

Uno sciopero dei docenti convocato in piena sessione estiva, senza alcuna consultazione preventiva con la componente studentesca, dimostra l’indisponibilità dei promotori a valutare le critiche già mosse in occasione del precedente sciopero. L’assenza di dialogo si riflette infatti nell’approssimazione con cui vengono affrontati i passaggi della piattaforma relativi al diritto allo studio, così come nella scelta del periodo in cui attuare l’astensione dallo svolgimento degli esami, ossia la sessione fondamentale per ottenere i crediti necessari a mantenere la borsa di studio per l’anno accademico successivo.

Gli scatti stipendiali hanno preso una grossa fetta dei pochi fondi investiti in Legge di bilancio. Ma non vogliamo stare alla retorica della coperta troppo corta: ha forse senso decidere se buttar giù dalla torre il finanziamento e sblocco degli scatti o l’assunzione dei 40mila precari dell’università? Chi chiede l’unità della comunità accademica veramente lo chiede perché i provvedimenti killer dell’università sono stati il risultato dei compromessi accettati da chi deteneva e detiene il potere nelle università. Fa specie che i docenti che hanno visto i propri stipendi bloccati per poter evitare che i bilanci delle università collassassero, con il beneplacito della maggioranza dei Rettori, non si ricordino che le altre vittime di quel compromesso sono gli studenti.

Chiediamo che vengano individuati strumenti diversi, che rivolgano il conflitto nei confronti del decisore, politico e accademico, nei confronti di chi ha creato e poi cristallizzato l’attuale scenario. Chiediamo che lo sciopero non consista nell’astensione dallo svolgimento degli esami di profitto. Crediamo sia più utile che gli 11mila scioperanti dichiarati allo scorso sciopero siano coinvolti in un’azione in grado di mobilitare tutta la comunità accademica, a partire da studenti, ricercatori precari e personale tecnico amministrativo, i più colpiti dal sottofinanziamento.
Scioperare nuovamente con queste modalità vorrebbe dire porre un ulteriore ostacolo lungo il percorso accademico degli studenti, una lesione dei nostri diritti.

E anche questa volta, come sempre, non abbiamo intenzione di tacere di fronte a questa ingiustizia. Giù le mani dagli appelli!

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