Il Governo supportato dalla maggioranza parlamentare di Lega e Movimento Cinque Stelle ha prestato giuramento davanti al Presidente della Repubblica ieri pomeriggio presso il Quirinale.

Dopo una lunga sequela di vicende che ha visto i partiti dire tutto e il contrario di tutto, che ha visto richiami all’opposizione ancora prima della formazione di un Governo, che ha visto la scrittura di un contratto, il rifiuto di nomina di un ministro, un irresponsabile attacco alle istituzioni e alla democrazia di questo paese, l’Italia, a 90 giorni dal voto, ha un nuovo governo.
Il Movimento 5 stelle e la Lega, con una formale intesa sul programma sancita dalla firma del contratto, sono riusciti a trovare un accordo sulla squadra di governo. Tutto questo solo quattro giorni dopo aver gridato al colpo di stato ed essersi tirati indietro dalla formazione del governo a causa dello “scontro” con Mattarella sul nome di  Savona al Ministero dell’Economia. Non solo: dal rifiuto di Mattarella è partito un attacco istituzionale verso la figura del Presidente, senza precedenti nella storia repubblicana. Tanto da arrivare, come Movimento 5 Stelle, a chiedere la messa in stato d’accusa del Capo dello Stato. Attacchi di colpo venuti meno, quando, successivamente all’assegnazione dell’incarico ad Cottarelli, le due forze politiche sono tornate sui propri passi decidendo di rinunciare a Savona al MEF.

Il Governo appena nato è contraddistinto dalla presenza di vari Ministri dalle posizioni estremamente critiche rispetto a diritti civili e sociali: posizioni individuali xenofobe, sessiste, antiabortiste, discriminatorie per quanto riguarda l’orientamento sessuale e la provenienza geografica. Già le prime dichiarazioni del Ministro Fontana, in merito alle famiglie arcobaleno, fanno letteralmente rabbrividire e si scontreranno con la realtà tangibile delle persone che in tutto il paese riempiranno le strade nostre città in occasione dei Pride. Ugualmente grave è la presenza, all’interno del contratto di Governo, di elementi discriminatori come i canali prioritari di accesso agli asili nido per i bambini italiani.

Il governo della messa in discussione delle grandi riforme che hanno caratterizzato gli ultimi anni di governo dalla Riforma Fornero, al Jobs Act, alla Buona Scuola, vacilla a fare annunci chiari in materia.
Quello che doveva rappresentare il governo del cambiamento, come tanto decantato dalle due forze che lo compongono, non porta invece a nessuna frattura con il passato: il timore fondato è che al passato ci sia il ritorno.
Per quanto riguarda la politica fiscale, questo rischia di essere il Governo delle disuguaglianze: all’interno del “contratto di Governo” viene sancita la volontà di introdurre la flat-tax, cavallo di battaglia del centrodestra (con più che fondati dubbi sulla costituzionalità della misura), che eliminerebbe le aliquote progressive per ottenere un abbassamento generale delle  tasse, a favore ovviamente dei redditi più alti: è evidente come i Cinque Stelle si siano totalmente piegati a una politica fiscale ingiusta e liberista propria della destra. Non sorprende che la Lega dei Governi dei tagli di Berlusconi abbia fatto prevalere la volontà di abbattere le tasse e porre le condizioni per ulteriori tagli ai servizi pubblici e al welfare. Un Ministro dell’Economia e delle Finanze la cui posizione è di aumentare l’IVA per risanare il buco derivante dall’introduzione della Flat Tax significa che la strada tracciata dal governo è far pagare a tutti lo sconto ai ricchi. Anche l’aspetto della sicurezza è declinato nella visione dell’estrema destra: securitarismo estremo al limite delle libertà individuali, rafforzato da un giustizialismo malcelato della volontà di espansione delle carceri esistenti, con l’elemento delle espulsioni forzate di migranti.

Della disoccupazione e del lavoro precario si è smesso di parlare, ed oltre una non chiara riforma dei centri per l’impiego, il contratto non mette neanche in discussione le forme di lavoro precario e instabile che il Jobs Act aveva liberalizzato e svincolato.

Scuola ed Università non sono materie di interesse del Governo. Il contratto in proposito è assimilabile a frasi di circostanza, vaghe e impregnate di luoghi comuni. Oltre alle frasi volte a rassicurare la componente docente, sulla scuola non si presenta alcuna proposta chiara e concreta per far fronte ai tanti problemi che il disinvestimento sistematico ha creato in questo settore. Si accenna a parlare dell’emergenza degli edifici scolastici, di garantire l’accesso a tutti, di rivedere l’alternanza scuola-lavoro ma senza tracciare alcun tipo di soluzione reale. Diverso è il capitolo sulla cybersecurity dove, invece, la chiarezza delle proposte e dell’impostazione di questo governo diventa lampante. Per risolvere un problema serio quale il bullismo in ambienti scolastici e sui social, il contratto garantisce l’investimento affinché ogni classe venga munita di telecamere e chi denuncerà atti di bullismo sarà premiato con una borsa di studio. Un diritto diventa un premio mentre la deriva securitaria entra prepotentemente anche nelle mura scolastiche minando il principio di una scuola che educhi al rispetto e alle norme civili, in favore di un modello punitivo e premiale di educazione. Sull’Università le indicazioni del contratto di Governo sembrano abbastanza fumose: al suo interno vengono date generiche rassicurazioni sull’implementazione del diritto allo studio, al punto che non viene sottolineato il problema solo italiano dell’esistenza degli idonei non beneficiari, e sull’innalzamento della no-tax area, oltre a riconoscere la necessità dell’investimento in un settore sottofinanziato. Sul fronte numero chiuso viene rintracciata la necessità di rivedere il sistema d’accesso ai corsi a numero programmato, ma sembra incentrato sulla necessità di rivedere la modalità dei test e non tanto sulla necessità di puntare al libero accesso, con l’inquietante presenza della volontà di valutare “attitudini” allo studio.

Ma ancora più emblematica è stata la totale assenza nel dibattito dei profili per il possibile ministro da mettere alla guida del MIUR. Eppure entrambi i partiti di governo avevano sempre attaccato con fermezza le misure promosse dai governi precedenti su scuola e università, con particolare riferimento, ovviamente, alla Buona Scuola. Nonostante questo, i nomi proposti tanto da Lega quanto dal Movimento Cinque Stelle, sono stati profili non avversi alla Buona Scuola. Si è giunti quindi alla nomina di Marco Bussetti, provveditore dell’Ufficio scolastico della Lombardia. Leghista e stretto collaboratore di Valentina Aprea, ex assessore regionale ed ex parlamentare di Forza Italia, nota per la bozza di riforma della scuola che appunto portava il suo nome, e contro cui, nel 2012, eravamo scesi nelle piazze.
La Lega che ha sostenuto tutti gli ultimi governi di centrodestra, la Lega della riforma Moratti, della riforma Gelmini, la Lega degli otto miliardi di tagli, oggi dovrebbe rappresentare il volto del cambiamento tanto decantato nel mondo dell’istruzione.
E’ molto difficile, con questi presupposti, e i contenuti del programma di governo, immaginare un cambiamento in meglio.

Come sindacati studenteschi porteremo avanti la lotta per i diritti degli studenti, e, consapevoli della profonda distanza di visione rispetto a questo Governo, cercheremo , forti anche dei nostri ruoli istituzionali, un confronto schietto con il MIUR. Per questo, in discontinuità con il passato della Lega, chiediamo che ci sia da parte del Ministero almeno la volontà di riconoscere e dialogare fin da subito con la componente studentesca, convocandola al più presto. L’istruzione non può essere relegata a piccoli punti inseriti in un contratto di Governo: è necessario investire immediatamente nel diritto allo studio, garantendo all’istruzione il ruolo di inclusione sociale, superando il numero chiuso e puntando al libero accesso a scuola e università.

Ci auguriamo che la forte egemonia leghista sul Governo non riporti  in auge le vecchie politiche dei Governi Berlusconi. Di fronte a qualsiasi attacco alla scuola e all’università saremo pronti, come sempre, a tornare nelle piazze per far sentire la nostra voce.

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