Le percentuali di giovani ragazze e ragazzi che lasciano l’Italia post Università sono in costante aumento e superano il 40%: a dirlo ora è anche la Corte dei Conti.

Che i giovani laureati e laureate italiane decidano di fuggire dal nostro Paese, non è certo una novità. Il Rapporto licenziato dalla Corte Costituzionale qualche giorno fa dipinge un quadro già noto e spesso denunciato dalla nostra organizzazione: la percentuale delle ragazze e dei ragazzi che decide di lasciare l’Italia a conclusione del proprio percorso formativo universitario supera il 40% ed è in costante aumento.

Le cause sono note: il nostro Paese non investe sui giovani, non investe sull’Istruzione e Ricerca, non investe sul proprio futuro. Il mercato lavorativo non assorbe i giovani e offre limitate possibilità di impiego: le pretese per l’ingresso nel mondo del lavoro sono sempre più alte e inique, pretendendo il più delle volte esperienza lavorativa pregressa ed effettuando una selezione basata univocamente sulla “qualità” dei titoli di studio acquisiti (la Riforma Brunetta sui concorsi pubblici ne è un esempio). Per molte lauree inoltre, il percorso per l’abilitazione all’esercizio della professione risulta essere lungo e farraginoso: qualcosa in questa direzione si sta muovendo, con la Riforma Manfredi, ma l’iter risulta ancora poco chiaro su alcuni punti, primo fra tutti l’impatto che la stessa avrà sugli ordinamenti delle relative classi di laurea.

Ma ancor prima dell’accesso al mondo del lavoro, il primo scoglio è rappresentato da una tassazione troppo alta, ben lontana dal principio di gratuità che caratterizza altri paesi europei, a cui si aggiungono dei limiti strutturali del sistema di diritto allo studio e del welfare studentesco: la copertura non uniforme e tempestiva delle borse di studio e la mancanza di una serie di servizi connessi alla cittadinanza studentesca sono solo alcuni degli effetti di un Paese ultimo in classifica per investimenti sull’accesso alla formazione e in cui l’università rimane ancora oggi troppo elitaria e classista.

“Nonostante denunciamo da anni questi numeri, che ci restituiscono una condizione fatta di sempre maggiore precarietà e incertezza sul futuro – commenta Giovanni Sotgiu, Coordinatore dell’Unione degli Universitarida anni non c’è governo che si sia posto la priorità politica dell’accesso all’istruzione, della formazione e del lavoro giovanile. Se speravamo che il PNRR potesse immaginare risposte chiare e concrete per le giovani generazioni, siamo rimasti presto delusi: mancano delle riforme specifiche e strutturali, che devono necessariamente partire da un intento preciso: l’abbattimento delle disuguaglianze di partenza e l’accesso diffuso e gratuito all’istruzione.”


Fermare l’emorragia che caratterizza il nostro Paese– conclude Sotgiu– è l’unica strada per salvarne il futuro”

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