È notizia di stamani il suicidio di una studentessa frequentante l’università IULM. La motivazione, lasciata scritta su un biglietto d’addio, evidenzia un profondo senso di fallimento della propria vita e del proprio percorso di studio. Sul tema interviene l’Unione degli Universitari che, fin dai primi momenti dopo aver appreso la notizia, si è messo in contatto con alcune studentesse e studenti dell’Università interessata per monitorare la situazione.
Camilla Piredda, coordinatrice dell’Unione degli Universitari dichiara: “Purtroppo la notizia non è isolata. Negli ultimi anni abbiamo visto il progressivo deterioramento della salute mentale, anche a causa di una costante pressione sociale che impone un modello sempre più performativo. Denunciamo come il sistema universitario non solo sia incapace di ascoltare e supportare coloro che manifestano difficoltà durante il proprio proprio percorso di studi, ma anzi li sottoponga a uno stress continuo, a delle aspettative sempre maggiori. Sul fronte del supporto psicologico, poi, vi sono soltanto servizi di counseling che, da soli, non possono affrontare appieno le esigenze e i bisogni psicologici della popolazione giovanile”.
In giornata, alcune studentesse dello IULM che avevano conosciuto la studentessa hanno scritto una lettera, chiedendo alle istituzioni e alla stampa rispetto per il fatto e sollecitando una profonda riflessione sulle motivazioni che hanno spinto a un gesto così estremo. Tra i passaggi salienti, ne riportiamo alcuni:
“Non possiamo tacere davanti all’ennesima giovane che mette fine alla propria vita a causa del proprio percorso universitario. Ci viene chiesto perennemente di ambire all’eccellenza, ci viene insegnato che il nostro valore dipende solo ed esclusivamente dai nostri voti. Questo sistema universitario continua e continuerà ad uccidere. Serve prevenire, serve costruire un sistema accademico ed universitario in grado di insegnarci che non siamo numeri ma persone”.
Continua la lettera con una riflessione sul tempo: “Tempo, una costante nella vita dei giovani, che studino o meno. La pressione che non viene mai alleviata. Togliersi la vita però non è dovuto da una decisione momentanea. Non ci si impiega certo tre minuti. No, è il risultato di un carico che si porta da mesi, o anni che la società ci butta addosso senza mai voltarsi indietro a controllare il nostro stato di salute. Non ci si può fermare mai. Neanche davanti a un atto tragico che non coinvolge solo la sfera personale, ma più che mai sociale. Siamo costantemente costretti a soddisfare delle aspettative, raggiungere dei numeri. Altrimenti sei lasciato indietro, fuori dal sistema, non vali abbastanza. Al fianco delle studentesse della IULM, al fianco di chi si sente oppressa o oppresso”.
Conclude Piredda: “Chiediamo che questi tragici episodi non cadano nel vuoto. Le parole scritte dalle studentesse devono essere ascoltate. Da troppo tempo le nostre richieste vengono ignorate dalla politica, che preferisce parlare di un senso distorto del merito anziché di inclusione, ascolto e supporto psicologico. C’è una sofferenza, un’ansia diffusa che viene costantemente ignorata: quando le istituzioni si renderanno conto che è arrivato il momento di cambiare narrazione, intervenendo con risorse e strumenti adeguati di supporto agli studenti?”
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