Diritto allo studio

Diritto alla casa

Tasse universitarie

Salute mentale

Proroga anno

Part time

Didattica

Centri antiviolenza

Voto fuorisede

Numero chiuso

Tirocini

Estero

Palestina

Carriera alias

Sostenibilità

Antimafia

Diritto allo studio

Tante parole, poche risorse: così studiare diventa un privilegio

Il diritto allo studio nel nostro Paese dovrebbe essere garantito, secondo quanto stabilito dalla Costituzione italiana, a tutti i giovani privi di mezzi economici. Tuttavia, le scelte politiche e i limitati investimenti compiuti negli anni hanno penalizzato la componente studentesca, rendendo il futuro sempre più incerto. Dopo la pandemia da Covid-19 e con l’aumento dell’inflazione che ha colpito in particolare le fasce più deboli della popolazione, ogni anno ci troviamo a dover affrontare borse di studio insufficienti, tasse universitarie sempre più elevate e livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che non soddisfano minimamente le esigenze degli studenti.

L’accesso all’istruzione non dipende solo dalle condizioni economiche del singolo, ma dalle decisioni politiche del Governo. Studiare deve essere un diritto, non un privilegio. Tuttavia, le politiche attuali mostrano quanto questi interventi siano tutt’altro che garantiti.

Negli ultimi anni, abbiamo infatti assistito in tutta Italia a un aumento nominale degli importi delle borse di studio. Tuttavia, a questi aumenti non è corrisposto un adeguamento del fondo necessario a garantirne effettivamente l’erogazione, riportando in voga la figura dello studente idoneo ma non beneficiario. È tempo di cambiare rotta e fare un passo concreto, sancendo l’obbligo per il Ministero dell’Università e della Ricerca di stanziare fondi adeguati. Occorre aumentare le risorse per le borse di studio e garantire la copertura totale per tutti i beneficiari sin dall’inizio dell’anno accademico.

Contemporaneamente, è necessario rivedere i criteri di accesso alle borse di studio. La soglia ISEE per accedervi deve essere estesa a 30.000 euro e basarsi esclusivamente sull’ISEE, l’unico strumento in grado di rappresentare in modo affidabile le condizioni economiche reali degli studenti. Va quindi superato e abolito l’utilizzo dell’indicatore ISPE. L’università deve anche garantire un accesso equo tramite l’esonero dalla tassa regionale per gli studenti non borsisti con un ISEE inferiore ai 30.000 euro e una rimodulazione progressiva della tassa in base all’ISEE.

Le Regioni, insieme agli Enti per il diritto allo studio, devono essere in grado di offrire una gamma di servizi reali e concreti: diritto alla casa, servizio mensa, trasporto pubblico e diritto alla salute. Ad oggi, questi servizi sono spesso insufficienti o mal distribuiti, lasciando migliaia di studenti senza tutele e costretti a sostenere da soli le spese per vivere e studiare. Serve una riforma che metta al centro gli studenti e garantisca servizi in grado di supportarli indipendentemente dalla condizione economica o dalla regione di provenienza.

Il servizio mensa deve essere garantito a tutti gli studenti, indipendentemente dallo status di iscrizione universitaria. Garantire la mensa significa non solo offrire almeno un pasto quotidiano a chi frequenta l’università, ma anche uno spazio di socializzazione. Il settore è oggi in forte crisi e in molti atenei non è possibile assicurare pasti gratuiti o a prezzi accessibili. È necessario aumentare il numero dei pasti disponibili per i borsisti e rendere gratuito il servizio mensa per chi non ha una borsa di studio ma possiede un ISEE inferiore ai 30.000 euro. Occorre inoltre ampliare la rete delle mense, prolungarne gli orari, includere servizi serali e nel weekend e garantire pasti adatti a specifiche esigenze alimentari, offrendo un’alimentazione varia ed equilibrata (vegetariani, celiaci, intolleranti). Per gli studenti delle sedi distaccate e quelli impegnati in tirocini, i pasti gratuiti devono essere garantiti anche presso strutture sanitarie, uffici pubblici e privati. Allo stesso tempo, è importante avviare una campagna green per eliminare l’uso di plastica e materiali non riciclabili, ridurre lo spreco alimentare e incentivare l’acquisto di prodotti a km 0, promuovendo una maggiore consapevolezza alimentare.

Per tutelare il benessere degli studenti, serve anche un piano per la salute. Il sistema sanitario universitario va rafforzato, aumentando i servizi medici per gli studenti fuori sede in tutti gli atenei, comprese le sedi decentrate. È necessario attivare accordi tra università e aziende sanitarie locali per offrire prestazioni sanitarie, anche consultoriali, senza costringere gli studenti a rivolgersi a strutture private a pagamento. È urgente installare distributori di assorbenti gratuiti in tutte le sedi universitarie e attivare percorsi di formazione e sensibilizzazione. La prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili (MST) e la distribuzione gratuita di dispositivi di protezione devono diventare una priorità per la salute e la sicurezza degli studenti.

Anche i trasporti pubblici, la loro accessibilità e i costi incidono sul diritto alla mobilità studentesca. La mancanza di una rete di trasporti solida all’interno delle città e tra le regioni comporta enormi difficoltà negli spostamenti quotidiani. Negli ultimi anni, il costo medio dei biglietti e degli abbonamenti su gomma e su rotaia è cresciuto notevolmente, raggiungendo i 130,86 euro per gli abbonamenti urbani e i 1.200 euro per quelli extraurbani, con picchi altissimi per gli studenti fuori sede, spesso impossibilitati a tornare nei comuni di residenza, soprattutto durante i periodi festivi. È inaccettabile che gli studenti debbano sostenere costi così elevati per spostarsi tra casa e università. Per questo motivo, chiediamo la gratuità dei trasporti urbani ed extraurbani per tutti i borsisti e per chi possiede un ISEE inferiore a 30.000 euro. Serve potenziare il trasporto pubblico in tutti gli atenei, incluse le sedi decentrate, introducendo mezzi ecosostenibili e servizi attivi sia di giorno che di notte, per rendere davvero accessibile la mobilità studentesca.

Le politiche attuali non sono sufficienti: è il momento di investire seriamente nel futuro dei giovani di questo Paese, perché solo così si potrà garantire una crescita culturale, sociale ed economica per l’intera nazione. Abbiamo bisogno di un modello di diritto allo studio che non si limiti a coprire i bisogni minimi, ma che promuova attivamente una formazione universitaria inclusiva. Un modello che assicuri l’accesso universale, senza discriminazioni, che abbatta le barriere economiche e che sia costruito su solide fondamenta di equità sociale. Non possiamo più accontentarci di misure parziali, che non affrontano mai davvero i problemi. La politica del diritto allo studio deve essere profondamente trasformata, con obiettivi chiari e azioni concrete.

Diritto alla casa

Un piano per l’emergenza affitti e gli studentati pubblici

La questione abitativa rappresenta una delle sfide più urgenti per gli studenti universitari, in particolare per quelli fuori sede. La carenza di posti letto pubblici costringe la maggior parte degli studenti a rivolgersi al mercato privato, dove i costi medi mensili per una stanza sono molto elevati: si parla di una media nazionale di 461 euro per una singola, senza considerare le spese accessorie. Questa situazione rende l’accesso all’istruzione universitaria sempre più un privilegio riservato a pochi.

È indispensabile investire nella creazione di nuovi alloggi pubblici, rivedendo il PNRR e finanziando in modo strutturale la residenzialità studentesca pubblica. Chiediamo a tal fine l’istituzione di un ente pubblico nazionale realmente in grado di pianificare e realizzare investimenti mirati all’ampliamento dell’offerta di posti letto nelle residenze universitarie pubbliche, nonché di monitorare le condizioni di manutenzione delle strutture già esistenti.

È necessario inoltre aumentare di almeno 50 milioni di euro il fondo a sostegno dell’affitto per gli studenti universitari, così da fornire un supporto concreto a chi si trova in difficoltà nel coprire i costi abitativi. Occorre anche intervenire sulla leva fiscale e sulla regolamentazione delle locazioni, limitando e scoraggiando le locazioni brevi a uso turistico, promuovendo il canone concordato e contrastando il fenomeno degli immobili lasciati sfitti.

Solo attraverso una programmazione seria e interventi concreti sarà possibile garantire il diritto alla casa, e con esso il pieno esercizio del diritto allo studio per tutti.

Università gratuita

Un’università accessibile e pubblica

Negli ultimi decenni, la contribuzione studentesca è diventata uno dei pilastri economici su cui si reggono gli atenei italiani. Eppure, non dovrebbe essere così. È lo Stato che ha il dovere di sostenere l’università pubblica, la quale deve essere realmente accessibile a tutti, indipendentemente dalla condizione economica di ciascuno.

Per questo, come Unione degli Universitari, crediamo che l’università debba essere gratuita, spostando il peso economico del sistema sull’intera fiscalità generale. Il cammino verso la gratuità dell’istruzione universitaria richiede ancora molti passi: a partire dall’estensione della No Tax Area fino a un ISEE di 30.000 euro in tutti gli atenei, accompagnata da una riduzione progressiva della tassazione fino ai 50.000 euro.

Riteniamo inoltre fondamentale introdurre maggiori tutele e agevolazioni su scala nazionale per alcune categorie specifiche, come gli studenti lavoratori. Per costruire un sistema universitario più equo e giusto, è necessario anche eliminare una serie di ingiustizie che oggi gravano sui percorsi individuali, come le distinzioni tra studenti considerati meritevoli e non, o le maggiorazioni delle tasse per chi è fuori corso.

Supporto psicologico

Manifestazione Roma DCA 6

Una richiesta improrogabile dopo l’emergenza pandemica

I luoghi del sapere non possono definirsi tali se non si impegnano concretamente nella tutela e nella promozione della salute mentale di chi li vive ogni giorno. Gli eventi degli ultimi anni hanno dimostrato con forza quanto siano fondamentali forme strutturate e durature di supporto psicologico all’interno degli spazi universitari.

Tutelare la salute mentale nei luoghi della formazione non significa semplicemente offrire un sostegno al percorso accademico, ma riconoscere come la pressione performativa imposta dalla nostra società si rifletta pienamente negli ambienti universitari, trasformandoli spesso in contesti di disagio.

Fino a pochi anni fa, nella maggior parte degli atenei italiani, parlare di supporto psicologico era impensabile: i centri di ascolto erano assenti o scarsamente frequentati. Oggi, grazie a una proposta di legge che ha chiesto l’introduzione di figure professionali nei luoghi della formazione e a diverse leggi regionali che hanno destinato fondi specifici alla salute mentale, sono stati fatti dei passi avanti. Tuttavia, il percorso è tutt’altro che concluso: le figure professionali presenti nelle università e nelle città sono ancora troppo poche.

La salute mentale non è ancora considerata una priorità a livello nazionale. Al contrario, dovrebbe essere previsto per ogni ateneo l’obbligo di includere, nei bilanci preventivi, la presenza di più figure professionali dedicate, come voce strutturale e stabile, senza dover ogni anno cercare risorse straordinarie, spesso precarie e insufficienti.

È fondamentale inoltre dotarsi di strutture territoriali di supporto psicologico integrate con le realtà esistenti, comprese le università, per raggiungere efficacemente le persone nei luoghi che frequentano abitualmente. Questo è il senso profondo della presenza di figure psicologiche negli atenei: essere accessibili e facilmente raggiungibili, sia fisicamente che economicamente, dal maggior numero possibile di studenti.

La vera sfida è garantire un intervento di qualità per un’utenza sempre più ampia, offrendo un servizio che sia all’altezza degli standard della sanità tradizionale. Per farlo, è indispensabile un forte investimento nella salute mentale, attraverso una sinergia tra piani nazionali e territoriali, equiparandola pienamente alla salute fisica.

Proroga dell’anno accademico

Flessibilità per gli studenti laureandi

Ogni anno, le studentesse e gli studenti si trovano a fare i conti con una chiusura troppo rigida dell’anno accademico. In molti atenei, si è costretti a laurearsi entro marzo o aprile per evitare di dover pagare per intero le tasse dell’anno successivo. Questa condizione genera una corsa forzata alla laurea, che mette a dura prova il benessere psicologico di chi si trova in questa situazione.

Eppure, questa scadenza dovrebbe essere più flessibile: l’esperienza vissuta durante la pandemia da Covid-19 ha dimostrato come gli atenei italiani siano perfettamente in grado di riorganizzarsi e permettere agli studenti di laurearsi più tardi, anche a luglio, senza obbligare nessuno a iscriversi all’anno accademico successivo.

Il CNSU ha ottenuto questa proroga in diversi anni accademici, ma oggi è il momento di trasformare questa misura straordinaria in una soluzione strutturale e permanente.

Tempo parziale

Flessibilità per lavoratori, gravidanze e caregiver

Attualmente, negli atenei italiani è prevista l’iscrizione part-time ad alcuni corsi di laurea. Tale possibilità consente agli studenti di acquisire la metà dei crediti formativi universitari nel corso di ogni anno accademico. Chiediamo che questa opportunità venga estesa a tutti i corsi di laurea in tutti gli atenei, e che sia regolamentata in modo da rispondere alle diverse esigenze individuali.

Sosteniamo un modello di iscrizione più personalizzato, che preveda piani di studio e carichi di crediti adattabili alle necessità di ciascuno studente. In quest’ottica, riteniamo fondamentale introdurre ufficialmente e regolamentare adeguatamente le figure dello studente lavoratore, dello studente in stato di gravidanza e del caregiver, ancora oggi assenti o scarsamente riconosciute nella maggior parte degli atenei. Questi studenti, infatti, non dispongono attualmente di misure concrete che permettano loro di affrontare il percorso universitario in modo compatibile con le proprie condizioni personali.

Crediamo che a queste figure debba essere garantita la possibilità di concordare con i docenti date alternative per gli esami, per motivi legati al loro status. Inoltre, nei corsi o insegnamenti che prevedono l’obbligo di frequenza, le assenze dovute a tali motivi non dovrebbero essere conteggiate. Per rendere effettiva questa misura, proponiamo l’introduzione di una quota di lezioni in modalità blended, accompagnata da una riduzione della percentuale di frequenza obbligatoria.

Didattica

Insegnamenti innovativi, percorsi personalizzati e coinvolgenti

La didattica è la base del sistema universitario e, per ripensare davvero l’istruzione, è da qui che bisogna ripartire. Troppo spesso le modalità didattiche restano ancorate a modelli obsoleti, ormai incapaci di rispondere alle esigenze delle nuove generazioni.

È necessario superare la didattica esclusivamente frontale, oggi sempre meno efficace nel coinvolgere e supportare gli studenti. Innovare non significa soltanto aggiornare i metodi, ma ripensare profondamente il ruolo dello studente, che deve diventare parte attiva nei processi di apprendimento e nella costruzione dei programmi formativi.

Un passo decisivo in questa direzione è garantire maggiore libertà nella scelta delle materie nei piani di studio. Pur mantenendo invariati gli insegnamenti fondamentali, è essenziale che gli studenti possano selezionare in autonomia gli altri corsi, promuovendo una formazione più multidisciplinare e capace di integrare diversi approcci.

Allo stesso modo, è necessario ripensare la didattica asincrona, che non può ridursi alla semplice registrazione delle lezioni frontali. Serve una progettazione strutturata, con metodi specifici che garantiscano un’esperienza formativa valida e riconosciuta, fondamentale soprattutto per non lasciare indietro studenti lavoratori, caregiver e part-time, e per rispondere concretamente alle loro esigenze.

In questo processo di rinnovamento, è altrettanto importante valorizzare le radici storiche della didattica e, al contempo, aprirsi a nuove prospettive. Integrare approcci transfemministi e decoloniali nei programmi formativi rappresenta un ulteriore passo verso un ambiente universitario più inclusivo, capace di accogliere e rispettare le diverse esperienze e visioni del mondo.

Questo comporta una revisione degli ordinamenti didattici, affinché ogni studente possa costruire un piano di studi personalizzato, in linea con le proprie inclinazioni e obiettivi professionali. Offrire maggiore libertà nella formazione significa preparare figure più competenti, versatili e pronte ad affrontare un mercato del lavoro in continua trasformazione — una sfida a cui le università non possono più sottrarsi.

Ma didattica significa anche insegnamento, trasmissione del sapere. Oggi, il percorso da 60 CFU necessario per accedere all’insegnamento ha un costo di 2.500 euro: una soglia economica che, di fatto, rende questo percorso inaccessibile per molti. È quindi fondamentale prevedere forme di sostegno al diritto allo studio e misure di calmierazione dei costi, per garantire che tutti i futuri insegnanti possano accedere alla formazione senza ostacoli economici.

Inoltre, va superata la pratica del tirocinio gratuito, che rappresenta una forma inaccettabile di sfruttamento. Il tirocinio deve essere considerato a tutti gli effetti come un’attività lavorativa, e quindi retribuita, anche se svolta in un contesto formativo.

Infine, è importante migliorare la qualità degli insegnamenti previsti nel percorso abilitante, rafforzando il legame con la disciplina che si andrà a insegnare. Sarebbe utile anche permettere l’inserimento di alcuni di questi insegnamenti tra i crediti liberi già previsti nei piani di studio, così da ridurre la necessità di integrare percorsi formativi esterni e rendere più efficace l’apprendimento delle competenze didattiche.

Università sicura

Manifestazione Roma DCA 2

Centri antiviolenza, in ateneo e sul territorio

Gli atenei non sono sempre spazi sicuri: lo dimostrano i numerosi fatti di cronaca e i risultati della nostra indagine “La tua voce conta”. Il tema della sicurezza all’interno delle università è strettamente legato alla presenza — o alla mancanza — di centri antiviolenza nei territori, che oggi sono purtroppo ancora troppo pochi, poco accessibili e spesso poco conosciuti.

In seguito all’ennesimo caso di molestie in ambito accademico abbiamo lanciato la ricerca “La tua voce conta”, che ha indagato la percezione della sicurezza negli atenei italiani. Emerge chiaramente che la presenza di presidi antiviolenza contribuisce a far percepire gli spazi come più sicuri, ed è generalmente associata a un aumento delle denunce.

Per questo chiediamo l’istituzione di punti di ascolto antiviolenza all’interno delle università, con supporto psicologico e legale, in stretta collaborazione con i centri antiviolenza presenti sul territorio, così da garantire un sostegno concreto e capillare.

Tutto ciò va di pari passo con la necessità di strutturare percorsi di educazione affettiva, sessuale e al consenso all’interno delle università, rivolti a tutte le componenti che vivono questi spazi: dagli studenti al personale docente, fino al personale tecnico-amministrativo.

La creazione di ambienti realmente sicuri e liberi passa soprattutto dalla formazione e dalla sensibilizzazione. Per questo chiediamo l’attivazione di percorsi formativi concreti, integrati nella formazione ordinaria, che coinvolgano chiunque viva e attraversi gli spazi universitari.

Voto fuorisede

Sostegno e solidarietà internazionale

Sono quasi 900mila gli studenti universitari fuori sede ai quali, a ogni tornata elettorale, viene di fatto negato il diritto di voto. Nonostante alcuni progressi ottenuti in occasione delle elezioni europee e dei referendum dell’8 e 9 giugno, il voto fuori sede continua a essere trattato come una concessione dell’ultimo minuto, priva di una legge stabile che garantisca questo diritto per tutte le elezioni.

L’Italia è, insieme a Malta, l’unico Paese dell’Unione Europea a non prevedere un sistema di voto per chi non può raggiungere il proprio comune di residenza senza dover affrontare costi elevatissimi.

Per questo, attraverso il nostro lavoro all’interno del CNSU, continueremo a batterci per una soluzione strutturale e definitiva. Il diritto di voto e di esprimere la propria opinione non può e non deve dipendere dalla condizione economica di una persona.

Accesso libero

La conoscenza è un diritto universale

Il numero chiuso rappresenta un ostacolo concreto all’accesso all’università, contribuendo a costruire un sistema esclusivo ed elitario. In un Paese democratico, non possiamo accettare che solo una parte della popolazione abbia realmente la possibilità di formarsi.

Il concetto di merito, in questo contesto, viene spesso usato come pretesto per selezionare chi può accedere agli studi, senza tenere conto delle profonde disuguaglianze socio-economiche che molti giovani si trovano ad affrontare. L’università deve essere uno spazio inclusivo, non una prerogativa riservata a pochi privilegiati.

La selezione meritocratica, così com’è oggi strutturata, finisce per premiare chi parte già da una posizione di vantaggio, penalizzando chi dispone di meno risorse. Pur consapevoli che una rimozione immediata del numero chiuso potrebbe causare difficoltà logistiche — come la saturazione degli spazi o la scarsità di opportunità di tirocinio — riteniamo che queste criticità vadano affrontate attraverso un serio investimento nel sistema universitario, e non scaricate sugli studenti.

Il numero chiuso, oltre a limitare l’accesso, rafforza disuguaglianze strutturali e perpetua un modello selettivo che esclude. Siamo fermamente contrari a questo sistema e continueremo a lottare per un’università pubblica, aperta e accessibile a tutti. Crediamo che l’istruzione debba essere un diritto garantito, non un privilegio per pochi. Solo così potremo costruire un futuro equo, giusto e realmente democratico per il nostro Paese.

Tirocini

Tirocinio sì, sfruttamento no

Il tirocinio viene spesso utilizzato dalle aziende come uno strumento per ottenere manodopera gratuita o mal retribuita, e questo fenomeno deve essere fermato. È inaccettabile che i giovani siano costretti a lavorare senza un giusto compenso, con la falsa promessa che “l’esperienza valga più della retribuzione”.

Il lavoro svolto durante un tirocinio deve essere riconosciuto e adeguatamente remunerato, tenendo conto del valore che ogni studente apporta all’azienda. Le istituzioni hanno il dovere di garantire che ogni tirocinio sia regolato, retribuito e non si trasformi in una nuova forma di sfruttamento.

La formazione universitaria non può essere separata da una prospettiva lavorativa che offra dignità e rispetto, compresi una giusta retribuzione e condizioni di lavoro sicure. La nostra lista si impegna a promuovere leggi che assicurino compensi equi e condizioni dignitose per tutti gli studenti che intraprendono un tirocinio. Solo così sarà possibile valorizzare davvero l’esperienza lavorativa, senza scaricare il peso della formazione professionale sulle spalle dei più giovani.

Estero

Internazionalizzazione accessibile

L’internazionalizzazione rappresenta un elemento essenziale per l’arricchimento dell’esperienza accademica e personale degli studenti universitari. Programmi come Erasmus+ offrono preziose opportunità di scambio culturale e formativo, promuovendo la mobilità studentesca e il dialogo tra sistemi educativi diversi.

Tuttavia, permangono criticità legate all’accessibilità economica di questi percorsi. Sono molti gli studenti che, pur avendo i requisiti, si vedono costretti a rinunciare all’Erasmus per motivi finanziari, poiché le borse di studio attualmente disponibili coprono solo in parte le spese del soggiorno all’estero.

È necessario aumentare le risorse destinate alle borse Erasmus+, affinché coprano integralmente i costi sostenuti dagli studenti, con particolare attenzione a chi proviene da contesti a basso reddito. Vogliamo politiche che rendano realmente accessibili i programmi di mobilità, indipendentemente dalle condizioni economiche o sociali, anche attraverso borse integrative pensate per gli studenti svantaggiati.

Le università si stanno aprendo sempre di più agli studenti internazionali, ma spesso senza fornire un adeguato sistema di supporto. Chiediamo un potenziamento degli uffici dedicati alla mobilità internazionale, garantendo assistenza completa, efficiente e accessibile sia per gli studenti in partenza (outgoing) sia per quelli in arrivo (incoming).

L’impegno per l’internazionalizzazione non può fermarsi agli scambi accademici. Deve includere anche la costruzione e il rafforzamento di una rete globale di solidarietà tra studenti. L’Unione degli Universitari è attivamente coinvolta nell’European Students’ Union (ESU) e nel Global Student Forum, collaborando con associazioni studentesche di tutto il mondo per difendere il diritto allo studio e la libertà accademica.

Sosteniamo gli studenti che subiscono repressioni o limitazioni alla libertà di associazione, espressione e insegnamento. L’università deve essere uno spazio di libertà, inclusione e crescita, libero da ogni forma di discriminazione o barriera. Ci impegniamo affinché la voce degli studenti venga ascoltata — in Italia, in Europa e nel mondo.

Palestina

Chiediamo la fine del genocidio in corso

Lottiamo affinché le università e tutti i luoghi del sapere siano realmente liberi da ogni forma di collaborazione con Stati o aziende della filiera bellica, che si rendono promotori, direttamente o indirettamente, di massacri e crimini di guerra. L’università non può diventare uno strumento al servizio della guerra, utile solo a potenziare arsenali e tecnologie militari. Al contrario, deve contribuire alla costruzione di una visione del mondo fondata sulla solidarietà, sul confronto e sull’analisi critica dei conflitti.

Per questo, attraverso il CNSU, abbiamo chiesto che vengano garantite borse di studio agli studenti palestinesi e, più in generale, a tutti i popoli oppressi, troppo spesso bloccati da confini e barriere che li privano del diritto alla conoscenza e a un futuro dignitoso.

Continueremo a batterci per una cultura di pace, che contrapponga all’invasione e alla violenza l’iniziativa diplomatica, il dialogo tra i popoli e il rispetto dei diritti umani. Chiediamo che l’università pubblica assuma un ruolo attivo nella promozione di un nuovo modello di relazione tra gli Stati, capace di mettere al centro la cooperazione e la giustizia.

Vogliamo un mondo in cui chiunque, ovunque, possa vivere senza la paura di morire sotto le bombe o per decisione di un generale, a causa della propria religione, cultura, origine o appartenenza territoriale.

Carriera alias

Un’università inclusiva e accessibile

È necessario promuovere l’introduzione e l’attuazione della carriera alias in tutte le università italiane, rendendola accessibile a tuttɜ lɜ studentɜ che desiderano vedersi riconosciuto un nome e un’identità di genere differente da quella anagrafica. Semplificare la procedura, renderla più veloce e rispettosa della privacy dellɜ studentɜ, senza necessità di documentazione aggiuntiva eccessiva o complessa, è un primo passo verso la non esclusione dellз studentз.

E’ necessario, promuovere attività di formazione e sensibilizzazione tra il personale accademico e amministrativo delle università per garantire il rispetto dei diritti dellɜ studentɜ transgender e non binarɜ, incluso quelli legati alla carriera alias, creando canali di supporto per lɜ studentɜ che scelgono di intraprendere il percorso della carriera alias, inclusi servizi di counseling psicologico, legale e di orientamento. Inoltre, monitorare con la creazione di un sistema feedback che consenta di correggere eventuali problematiche.

In questo senso, le università dovranno garantire che lɜ studentɜ che richiedono la carriera alias possano essere identificati correttamente nei documenti ufficiali, senza che venga esposta la discrepanza tra nome anagrafico e nome scelto.

Adottare un piano per sensibilizzare e prevenire è un impegno verso i processi di discriminazione, mobbing o bullismo nei confronti dellɜ studentɜ transgender e non binarɜ, creando un ambiente universitario che promuova attivamente il rispetto reciproco e la valorizzazione della diversità. La carriera alias rappresenta un passo fondamentale verso la costruzione di un sistema universitario non esclusivo e rispettoso dei diritti dellɜ studentɜ. Essa si inserisce nel più ampio impegno per la promozione dei diritti umani, dell’uguaglianza e della non discriminazione. Chiediamo a tutte le università italiane di adottare con urgenza questa misura, al fine di garantire che ogni studente possa completare il proprio percorso di studi in un ambiente libero da pregiudizi, giudizi e discriminazioni, rispettando la propria identità e il proprio genere.

Sostenibilità

Basta attendere: la crisi climatica è attuale

La crisi climatica rappresenta una delle sfide più urgenti del nostro tempo, richiedendo un impegno concreto e immediato da parte di tutti gli attori in campo, a partire dai luoghi del sapere. Le università devono quindi assumere un ruolo guida nella promozione della sostenibilità ambientale e sociale, non solo attraverso la ricerca e l’insegnamento, ma anche attraverso azioni e pratiche.

Chiediamo che gli atenei rendano pubblici tutti i finanziamenti ricevuti, fermando gli accordi tra università e aziende altamente inquinanti, a partire dal settore energetico. Le Università devono impegnarsi a costruire rapporti solo con realtà che rispettano gli standard di sostenibilità ambientale.

Servono poi strategie concrete per ridurre le emissioni delle università. Vogliamo atenei ad impatto zero. Un esempio virtuoso è l’Università di Bologna, che ha stanziato 60 milioni di euro entro il 2030 per migliorare l’efficienza energetica, installare impianti fotovoltaici e ridurre le emissioni. Promuoviamo l’adozione di fonti energetiche rinnovabili all’interno degli atenei.

Oggi più che mai si rende necessario inserire nei corsi di studio corsi obbligatori sulla sostenibilità e la crisi climatica, per formare cittadini consapevoli e pronti ad affrontare le sfide ambientali future, ma soprattutto educare al contrasto degli sprechi e all’adozione di comportamenti personali responsabili e sostenibili. Vogliamo una mobilità sostenibile, verso il trasporto pubblico per studentesse e studenti. Le università devono essere in prima linea nella transizione ecologica ed energetica giusta.

Antimafia

Giustizia sociale e meccanismi di prevenzione negli atenei

La lotta contro le mafie è un impegno imprescindibile per costruire una società giusta, libera e solidale. Come Unione degli Universitari, ci riconosciamo nei valori dell’antimafia sociale e ci impegniamo a promuovere la cultura della legalità e della giustizia sociale, sia all’interno delle università che nella società tutta.

Sensibilizziamo gli studenti e le comunità accademiche sui soprusi e i danni che le mafie infliggono al tessuto sociale, economico e culturale del nostro Paese. Vogliamo incentivare l’adozione di codici etici e meccanismi di controllo trasparenti nella gestione amministrativa e finanziaria degli atenei, per prevenire fenomeni di corruzione e possibili infiltrazioni mafiose.

Sosteniamo inoltre progetti che prevedano il riutilizzo sociale e culturale dei beni confiscati alle mafie, promuovendo il coinvolgimento attivo degli studenti e dei giovani nella valorizzazione di questi spazi, affinché diventino luoghi di partecipazione, memoria e riscatto.

Vogliamo alzare la voce contro le mafie, che si nutrono di povertà, sfruttamento e silenzio. La criminalità organizzata si impone soffocando opportunità e contaminando le nostre comunità. Non resteremo in silenzio. Vogliamo università che diventino spazi di costruzione di una coscienza collettiva, capaci di resistere e opporsi a soprusi, violenze e corruzione.